Editoriale
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DALLA PASQUA, VITA PER TUTTA L'UMANITA'

Messaggio pasquale del vescovo Corrado Pizziolo

DALLA PASQUA, VITA PER TUTTA L'UMANITA'

Mi ha sempre colpito la Colletta del Lunedì santo, che ci fa pregare con queste parole: “Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa’ che riprenda vita per la passione del tuo unigenito Figlio”. “Sfinita per la sua debolezza mortale”: così viene definita, in questa preghiera liturgica, la nostra umanità. Più di una volta, in passato, mi sono detto che si tratta di un’iperbole, cioè di un’espressione volutamente esagerata. Ritrovandola quest’anno, non l’ho più sentita sproporzionata o eccessiva, ma capace di fotografare in maniera realistica il momento che stiamo vivendo.

Da più di un anno stiamo attraversando il trauma di una pandemia che, oltre ad averci condizionato pesantemente nelle relazioni e nelle possibilità di spostamento e di lavoro, ha portato via molte persone, tante delle quali avrebbero potuto rimanere ancora per molti anni tra noi. Il protrarsi della situazione di contagio, accanto ad atteggiamenti e scelte di grande responsabilità e altruismo, sta provocando anche un’insofferenza e una prostrazione che si manifestano in vari modi sia nei più giovani sia negli adulti e anziani. A volte, dicono gli osservatori, queste manifestazioni assumono il volto di un incattivimento generalizzato delle relazioni, sia in famiglia sia nelle altre relazioni sociali. È il frutto dell’esperienza di una vulnerabilità e di una debolezza che rendono radicalmente incerto e insicuro il nostro vivere quotidiano. Non ne eravamo abituati e questo ci “sfinisce”.

Ecco allora la verità e la pertinenza delle parole con cui la liturgia ci suggerisce di pregare: “Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale”. A volte ci capita di sognare un’umanità non più segnata dalla debolezza e dalla fragilità creaturali. Desidereremmo salute, bellezza, giovinezza perenni... E magari ci aspettiamo dei rimedi miracolistici dalla tecnica o dalla medicina o da altre risorse della scienza umana. La preghiera liturgica che ho ricordato, senza ovviamente negare l’importanza di tali apporti, ci indica un’altra direzione di ricerca: ci orienta a chiedere al Padre l’aiuto per la nostra debolezza. E suggerisce anche da dove ci può venire questo aiuto: “Fa’ che la nostra umanità riprenda vita per la passione del tuo unigenito Figlio”.

Gesù, il Figlio unigenito, il Figlio amato, ci è stato consegnato dal Padre non per far miracolosamente sparire la nostra fragilità e la nostra debolezza, quanto piuttosto per condividerle con noi; per darci la forza di non rassegnarci, di non perdere la fiducia e la speranza, ma di “riprendere vita” proprio grazie alla sua presenza accanto a noi e in noi. La sua “passione” (da intendersi come “amore appassionato” e, insieme, compassionevole e sofferente) è quanto celebriamo in questi giorni, specialmente del Triduo pasquale. Lo facciamo non come ricordo nostalgico, ma come incontro personale con il dono che Gesù per sempre ci ha fatto e continua a farci del suo amore insieme umano e divino. Esso è l’unica cosa che può restituire vita alla nostra umanità segnata dalla debolezza e - prima o poi - dalla morte. Non per nulla il Triduo pasquale si conclude con l’annuncio della risurrezione: «Non cercate tra i morti colui che è vivo. Egli è veramente risorto e darà di poter riprendere vita a tutti coloro che confidano in lui e condividono il suo amore».

Un grande augurio pasquale, quindi, a tutti voi, cari fratelli e sorelle che celebrate con fede la Pasqua del Signore. Vi esorto a vivere in questi giorni l’impegno di un sostegno reciproco nella preghiera, per far memoria, nel modo migliore, della passione, morte e risurrezione di Gesù. È importante che ci impegniamo anche a pregare per tutti, senza escludere nessuno, perché la passione del Signore - che è morto per tutta l’umanità - porti dovunque semi di speranza e di vita nuova.

+ Corrado, vescovo

DALLA PASQUA, VITA PER TUTTA L'UMANITA'
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