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COLLE UMBERTO: l'omelia del Vescovo al funerale di mons. Gava

Oggi pomeriggio nella chiesa parrocchiale di Colle

COLLE UMBERTO: l'omelia del Vescovo al funerale di mons. Gava

Oggi pomeriggio nella chiesa di Colle Umberto il vescovo Corrado Pizziolo ha presieduto il funerale di mons. Giovanni Gava. Ecco il testo integrale dell'omelia. Nell'Azione di domenica 31 gennaio, ricorderemo don Giovanni.

“Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli”.

Così abbiamo sentito nella lettera agli Ebrei che abbiamo letto come prima lettura: “il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è che abbiamo un sommo sacerdote che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli”.

E l’autore della lettera agli Ebrei ci fa capire che Gesù non se ne sta lì seduto, pacifico e tranquillo. senza far niente. No. “Egli è sempre vivo per intercedere a nostro favore... Egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio”.

È il compito sacerdotale che l’autore della lettera riconosce e attribuisce a Gesù. “Lui che se fosse sulla terra non sarebbe neppure sacerdote”, perché non faceva parte della tribù sacerdotale della tribù di Levi. Eppure Gesù è un sommo sacerdote “santo, innocente, senza macchia, elevato sopra i cieli, che intercede per noi”.

La sua morte e risurrezione l’hanno costituito sommo sacerdote... tramite di salvezza tra gli uomini e il Padre.

Mi hanno molto colpito questi versetti in riferimento all’esperienza spirituale di d. Giovanni.

Egli aveva una coscienza altissima del dono che aveva ricevuto con la consacrazione sacerdotale.

Quando andavo a trovarlo in Casa di riposo all’Immacolata di Lourdes, mi riservavo sempre di andare da lui per ultimo.

Non c’era volta che non lo trovassi intento alla lettura o del giornale o di qualche libro, spiegandomi che così si manteneva vigile, sveglio intellettualmente e spiritualmente e immancabilmente usciva con espressioni commoventi sulla sua gratitudine al Signore per averlo chiamato al sacerdozio.

Diceva: “Quanto fortunati… quanto privilegiati siamo stati noi sacerdoti che abbiamo avuto la missione di mettere in comunicazione i nostri fratelli con il Signore, attraverso l’annuncio del Vangelo, attraverso l’eucaristia, attraverso il perdono dei peccati!”

Mi impressionava questa gioia interiore che fino all’ultimo l’ha animato e l’ha sostenuto anche nelle prove della vecchiaia.

Dicevo che me lo riservavo da visitare per ultimo perché dalla sua stanza me ne andavo con il cuore alleggerito… pieno di consolazione, di conforto... io stesso edificato dalla sua fede e dalla sua gioia interiore.

Certamente queste parole che ho ricordato, dette nell’ultima fase della sua vita da d. Giovanni non erano né improvvisate né frutto di qualche strano cambiamento: erano frutto ed espressione di un’esperienza spirituale che egli ha vissuto in modo profondamente unitario e coerente, lungo tutta la sua vita.

Don Giovanni non ha ricercato il consenso e il riconoscimento sociale (anche se tante volte li ha ottenuti pur senza cercarli). Ha cercato soprattutto la fedeltà alla volontà del signore: “Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà!”. Così abbiamo ripetuto nel versetto del Salmo e credo che sia una sintesi della sua vita.

“Mio Dio, questo io desidero: di fare la tua volontà”. Possono essere (io credo) parole messe senza difficoltà sulle labbra e nel cuore di d. Giovanni.

Nel fare questa volontà egli si è sempre preoccupato che anche i fratelli e le sorelle a cui era stato inviato mettessero al primo posto la volontà del Signore. Una delle caratteristiche che più mi sono state raccontate di d. Giovanni e che lui stesso mi ricordava era la sua preoccupazione per la formazione personale e spirituale di quanti gli erano stati affidati. Attraverso un’attenzione formativa perseverante e convincente, ma anche attraverso esperienze forti e significative a cui conduceva le persone: Taizè ad esempio, o altri luoghi di forte significatività spirituale.

E contemporaneamente d. Giovanni era caratterizzato da una grande capacità di farsi vicino alle persone, alle famiglie (che conosceva in modo profondo, come vero formatore), e specialmente alle situazioni di sofferenza e di difficoltà.

Un pastore autentico, secondo il cuore di Dio, d. Giovanni. Per ben 19 anni parroco di Colle, dove rimase in aiuto ai suoi successori per altri 14 anni: 33 anni in tutto. Prima era stato parroco per 18 anni a Tarzo, e per qualche mese (soltanto sulla carta però) a Montaner, dove (curiosa coincidenza) aveva provato inutilmente a portare le sue cose proprio la sera del 21 gennaio di 54 anni fa. Prima ancora era stato parroco a S. Anastasio. In precedenza aveva svolto il ministero di cappellano in varie parrocchie: Villa di Villa di Mel, Faè di Oderzo, Serravalle, Sacile, Pieve di Soligo. Ma anche Padre spirituale alla Scuola apostolica di Oderzo.

Lo affidiamo con fraterna carità alla misericordia fedele del Signore perché lo perdoni delle sue umane debolezze e gli dia il premio riservato ai suoi servi fedeli.

E chiediamo davvero che il Signore non dimentichi di dare alla nostra chiesa dei pastori che la guidino con generosità e fedeltà, preoccupati soprattutto di compiere la volontà del Padre e di aiutare anche i fratelli e le sorelle a comprenderla e ad attuarla.

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