Consegnare
La riflessione sulla Parola di Dio domenicale.
23 settembre - XXV del tempo ordinario - anno B - prima del tempo ordinario - colore liturgico verde Sap 2, 12. 17-20; Sal 53; Giac 3, 16 - 4, 3; Mc 9, 30-37
Il Signore sostiene la mia vita
Il Vangelo di Marco in questa domenica ci racconta del secondo annuncio della passione di Gesù e in questo annuncio mi colpisce il verbo “consegnare”. Il Figlio dell’uomo sta per “essere consegnato nelle mani degli uomini, e lo uccideranno, ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà”. Chi è che consegna Gesù nelle mani degli uomini? È il Padre! Non l’autorità religiosa o politica, né semplicemente il destino… bensì Dio stesso. “Consegnare in mano agli uomini” ha un significato teologico: è offrire agli uomini la salvezza stessa nella persona di Gesù. Tocchiamo qui l’apice del paradosso cristiano, quello scandalo della croce per cui Dio abbandona il suo eletto in balìa degli uomini per salvare gli uomini. Ed è la “risurrezione di Gesù” che diventa la risposta divina alla I Sua morte e l’inizio del nuovo Popolo messianico. Questa è la “buona notizia” che oggi risuona, buona notizia perché c’è una salvezza per gli ultimi e i piccoli. Come mi sento vicino agli apostoli che non capiscono o che non vogliono capire questo discorso, ma sono anche commosso dalla pazienza di Gesù che li invita a raccogliersi a casa, a Cafarnao, per ascoltare le Sue parole! Come sento il bisogno anch’io di mettermi veramente alla scuola del Maestro che “solo” può insegnare la vera sapienza che dona la vita! Nei Dodici si esprime la mentalità che si dirama ovunque in tutte le vene del mondo: competere, primeggiare, imporsi: “chi è il più grande?”. A questa voglia di potere, che è il principio di distruzione della convivenza umana, Gesù contrappone il suo mondo nuovo: “Se uno vuol essere il primo sia il servitore di tutti”. Servire: verbo dolce e pauroso insieme, perché il nostro piacere è: prendere, accumulare, comandare, non certo essere servi. Invece “servizio” è il nome nuovo della storia, il nome segreto della civiltà. “Servitore di tutti” dice Gesù, senza limiti di gruppo, di famiglia, di etnia, di chi lo meriti o non lo meriti, senza porre condizioni. Un gesto e una parola di Gesù spiegano come deve essere questo servizio agli ultimi. Gli antichi verso i bambini avevano un atteggiamento abbastanza negativo; non che non ci fosse amore verso di loro, ma la loro importanza era nulla nelle riunioni dei grandi. Essi rappresentano dunque coloro che non contano e anche coloro che hanno bisogno di aiuto. Ora è proprio uno di questi “bambini” della terra di Palestina che Gesù accoglie e abbraccia in un gesto di profonda tenerezza, presentando così una stupenda sintesi di Parola e Vita. Gesù non solo accoglie questi rappresentanti degli ultimi che sono i bambini, ma si identifica con loro “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me”. Accogliere un bambino è accogliere Dio. Il volto di Dio comincia dal volto dell’altro. La via del servizio e dell’accoglienza non è però quella della rassegnazione o della debolezza, ma quella della vittoria sulle forze del male e della morte. Ad ogni persona che soffre noi possiamo offrire quell’abbraccio che solo Gesù può dare e che mette in discussione il nostro modo di accogliere. Mi affascina la meta altissima di quell’abbraccio, mi fa paura la mia incapacità di abbracciare e di amare, mi consola la grande pazienza di Gesù verso di me.
Don Piergiorgio Sanson
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