Domenica 18 novembre - XXXIII del tempo ordinario - anno B - prima settimana del Salterio - colore liturgico verde Dn 12, 1-3; Sal 15; Eb 10, 11-14. 18; Mc 13, 24-32 Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio
Quasi alla fine dell’anno liturgico è molto bello riscoprire la presenza di un Dio al servizio della propria creatura, un Padre che ci protegge, un Dio che si fa vicino a noi. Oggi leggiamo in Marco l’ultimo discorso di Gesù, un discorso che presenta delle innegabili difficoltà, dovute sia al contenuto, che è il mistero del compimento finale della storia, sia al linguaggio che è quello tipico delle apocalissi giudaiche bibliche ed extra bibliche. Se noi ci fermiamo al linguaggio (piuttosto strano per la nostra mentalità) allora rischiamo di andare dietro a curiosità morbose che non ci aiutano né a vivere bene né a crescere come Q uomini. Se ci fermiamo solo al linguaggio forse è meglio non andare in chiesa ad ascoltare il Vangelo; possiamo invece aprire le porte tranquillamente a qualche testimone di Geova che bussa alla nostra porta. Guardiamo invece il messaggio che Gesù vuol darci. “Il sole si oscurerà…”: non si vuole affermare in questi testi la fine del mondo. Se si legge attentamente, la terra non viene toccata: lo scenario degli sconvolgimenti è quello degli spazi celesti che vengono sconvolti perché saranno attraversati dal “Figlio dell’uomo” con la sua potenza e la sua gloria. La luce del sole e della luna sarà offuscata proprio perché nel cielo apparirà una fonte di luce più forte: la gloria, la luce, la manifestazione luminosa del Figlio dell’Uomo. “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi… con grande potenza e gloria”. La descrizione degli eventi cosmici non vuole presentarci un documentario anticipato della fine del mondo e dei tempi, ma vuole sottolineare il carattere sconvolgente e rivoluzionario della venuta del Figlio dell’Uomo il cui fine ultimo è di radunare tutti gli Eletti e introdurli trionfalmente nel Regno dei cieli; ed è questo il vertice e il centro di tutto il discorso di Gesù. “Cieli e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”: in questo tempo segnato dall’incertezza e dalla caducità, il cristiano ha un punto di riferimento stabile. Solo la Parola di Colui verso il quale cammina tutto l’universo non muterà, solo la Parola di Dio rimane come “stella polare” che orienta il cammino della storia. Dobbiamo cambiare completamente lo stato d’animo con cui ascoltiamo le pagine che parlano della fine del mondo e del ritorno di Cristo. Infatti si è finito per considerare un castigo e un’oscura minaccia quella che invece la S. Scrittura chiama la “Beata Speranza” dei cristiani, e cioè la venuta del Signore Gesù Cristo nella gloria. I discorsi ricorrenti sulla fine del mondo hanno su molti l’effetto devastante di rafforzare l’idea di un Dio perennemente arrabbiato, pronto a dare sfogo alla sua ira sul mondo. Ma questo non è il Dio della Bibbia, che un salmo scrive come “misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore, non è in lite per sempre, non rimane adirato in eterno… perché egli sa bene di che siamo plasmati” (103, 8-9. 14).
Don Piergiorgio Sanson