Domenica 9 giugno - Pentecoste - anno C - salmi propri - colore liturgico rosso At 2, 1-11; Sal 103; Rm 8, 8-17; Gv 14, 15-16. 23-26 Manda il tuo spirito, Signore, a rinnovare la terra
La fede in Gesù ha come effetto finale il dono dello Spirito Santo. Siamo abituati ad associare lo Spirito Santo al dono, parliamo infatti dei suoi sette doni, in realtà è un unico grande dono perché è la stessa vita di Dio donata a noi. Lui può riempire il grande vuoto che c’è in noi. La sua venuta a Pentecoste si manifestò con fiamme di fuoco che si posero su ciascuno dei presenti. Il fuoco è una immagine che ci aiuta a capire il contenuto del dono. Fuoco è calore e luce. Lo Spirito scalda il nostro cuore e lo fa palpitare di amore, e poi illumina la mente per farci capire il senso giusto della vita. Dio, secondo la Scrittura, è amore e verità ed è ciò che anche noi desideriamo, ma che non riusciamo mai a raggiungere in pienezza. L Nella seconda lettura Paolo descrive in maniera efficace la continua frustrazione provocata dall’affidarci solo alla forza della “carne” per avere amore e luce. “Carne”, secondo il linguaggio di Paolo, sono le forze naturali che dovrebbero aprirci a Dio, ma che per un disordine interiore ci portano, invece, lontano da lui. Cerchiamo amore e ci troviamo intrappolati nell’egoismo che ci rende dolorosamente vuoti. Cerchiamo di vederci chiaro nella vita ed essere sicuri sui passi da fare e ci troviamo nella completa confusione oppure attaccati cocciutamente a piccole idee che ci portano a situazioni di vita disastrose. Dobbiamo riconoscere queste insuperabili miserie e non orgogliosamente illuderci che comunque riusciremo a farcela. Nello stesso tempo, però, dobbiamo evitare di cadere nella depressione generale per cui si pensa che non ci sia alcuna via d’uscita. È questo il clima tipico del nostro tempo postmoderno dopo le ubriacature del moderno. La via d’uscita è il grande salto nella fede. Si può fare se riconosciamo i nostri limiti e se con umiltà guardiamo oltre noi stessi e cerchiamo e domandiamo. Nel racconto della Pentecoste c’è un effetto del dono dello Spirito particolarmente utile per il nostro tempo. Gli apostoli, vinta ogni paura, escono e parlano a quella moltitudine multietnica che inondava a Pentecoste (festa ebraica) Gerusalemme. Parlano con la propria lingua e tutti, nonostante le nazionalità diverse, capiscono. Comprenderci, ecco ciò di cui oggi sentiamo particolare bisogno a tutti i livelli. A livello pubblico lo spettacolo è particolarmente sconfortante perché se è vero che la politica è per sua natura diversità di idee che si contrappongono, non dovrebbe però mai perdere il rispetto reciproco che è la condizione prima per costruire qualcosa di valido. Lo sforzo della comprensione deve caratterizzare tutte le relazioni, incominciando dalla famiglia, per estendersi al lavoro, alla comunità cristiana e civile. È sempre possibile cercare di comprenderci perché c’è sempre un terreno comune che ci unisce e dal quale partire per accettare poi le diversità che sono la normalità della vita. Ma la “carne” malata di superbia e incapace di amore ci porta solo a vedere minacce attorno a noi e ad avere sospetti e invidie, anche nei rapporti più intimi. Preghiamo lo Spirito, che nella vita stessa di Dio è diversità amata tra Padre e Figlio, perché doni capacità di comprensione reciproca per dare un aspetto più umano al nostro vivere insieme.
Don Gianpietro Moret