
Mercoledì 28 maggio è il gran giorno del Giro d’Italia a Vittorio Veneto. Dopo un lungo digiuno, durato 32 anni, la corsa più amata dagli italiani fa tappa nella città della Vittoria. L’ultima volta, nel 1988, Vittorio Veneto ospitò addirittura la conclusione del Giro. Stavolta è l’occasione della tappa che porta la carovana dal Trentino al Trevigiano, per un gran finale tutto sulle strade e le salite del Nordest.
L’arrivo del Giro d’Italia è un evento sportivo che non ha eguali. Anche solo il passaggio della corsa rosa è un momento che scalda il cuore e coinvolge emotivamente, con la sua ventata di tanti colori, di corridori che si contendono la vittoria rincorrendosi e dando fondo alle energie fisiche, come alle tattiche più ardite. Ancor più il “Giro” che fa tappa in una città rappresenta un piccolo universo che contagia, di entusiasmo ed umanità.
Non può non affascinare quel gruppone di piccoli e grandi campioni del pedale che gareggiano sempre fianco a fianco, senza posa, sempre ugualmente accompagnati dalla fatica e dal rischio, né più né meno di quel che accade al cicloamatore o al ragazzino alla prima sua gara. Non può non colpire che il campo di gara sono le strade di tutti i giorni, salite e discese su cui chiunque può cimentarsi. Con la differenza che quei corridori giunti alla massima categoria sono chiamati ad essere come fachiri: non possono concedersi tregue, riposi, pause o paure, chiamati a gareggiare comunque, sotto il solleone o la grandine, e a ripartire e pedalare a tutta anche dopo una caduta, quando sarebbe ragionevole fermarsi.
Il ciclismo da queste parti ha attecchito presto, già da fine Ottocento e ha sempre trovato molti appassionati e praticanti. Forse perché questo sport di fatica e tenacia, riprende i caratteri delle genti di questa terra, avvezze ai lavori faticosi, all’abnegazione e all’accettazione paziente di tutti i sacrifici necessari sino al tempo del raccolto. Ciò non solo nel mondo dei campi, ma anche in altri ambiti produttivi, come in tempi recenti è accaduto, per il “miracolo del Nordest”. Anche per questo sono davvero tanti i corridori di casa nostra che hanno scritto con le loro vittorie e gesta la storia del ciclismo a livello nazionale e internazionale. Si va dal “conte” Michieletto che vinse il Giro d’Italia a Ottavio Bottecchia che s’impose al Tour de France, dov’era chiamato “Botescià”; da Vito Favero che vestì anch’egli la maglia gialla del Tour al campione olimpico di Tokio 1964 Mario Zanin; dal “giaguaro” Mino Bariviera al campione del mondo di ciclocross Renato Longo; dall’iridato tra i dilettanti Gianni Giacomini all’iridato della 100 chilometri a squadre (e per alcuni giorni anch’egli in giallo al Tour) Flavio Vanzella.
Ma sono i decine e decine i ciclisti che meriterebbero la citazione per i bei risultati e le loro gesta. Tutti ugualmente capaci - dai velocisti agli scalatori ai cronomen - di regalare agli appassionati la sensazione di leggerezza e facilità che la bicicletta da corsa può regalare a chi vi si cimenta sopra senza la paura della fatica, del sudore. Tutto questo regalerà l’arrivo dei partecipanti al Giro d’Italia sulle strade diocesane e in viale della Vittoria: mercoledì prossimo arriverà un gruppo, che sfidandosi a colpi di pedale darà anche una lezione di vita.