In realtà il suo sogno era un altro. «Volevo diventare campione di pallacanestro» racconta Roberto Zandonella, ma è diventato campione olimpionico di bob a quattro a Grenoble, nel 1968. Sono trentacinque anni da quella medaglia, sono trent'anni che Zando (così lo conoscono tutti gli appassionati di sci) allena i ragazzi dello Sci Club Nottoli di Vittorio. Quanti ne ha sostenuti sulle piste con quel suo prorompente «Vai!», e giù tra i pali, e giù in libera.
Diverso da loro, però, il modo in cui Zando ha iniziato a sciare, lassù tra le nevi copiose del Comelico Superiore quando da ragazzo di appena sei anni, nel Cinquanta, con un semplice e rudimentale paio di sci in nocciolo scendeva su una pista artigianale, battuta da loro ragazzi, e risaliva a scaletta assieme agli amici. Poi gli studi a Belluno e nel '61 arriva a Cortina. Lì ha inizio la sua avventura. Lavorava in un garage vicino all'attuale pista di bob e in quel lontano '64 ha la fortuna di assistere ad un corso di addestramento piloti.
«Sono salito anch'io - ricorda Zando - e ho cominciato perché avevano bisogno di un frenatore. Contemporaneamente mi allenavo con gli atleti di pattinaggio». La carriera di frenatore comincia l'anno dopo: primi classificati ai Campionati italiani di bob a quattro a Cortina. «Un frenatore - spiega - deva saper respirare bene specialmente nelle curve, perché la velocità è elevata (oltre 130 km all'ora) e fa superare di sei volte il peso del proprio corpo».
Fino al '72 rimane nella squadra di bob e poi "scivola" a Vittorio Veneto, dove lavora nel Corpo forestale, e come maestro di sci comincia ad allenare la squadra del Nottoli. Cansiglio, Cortina, Passo Giau, e tante altre località sciistiche hanno visto Zando e i suoi ragazzi scendere da quell'oramai famoso e primordiale pulmino Volkswagen. «Ho sempre cercato di trasmettere l'amore per lo sport, sono convinto sia una scuola di vita. Si costruisce giorno dopo giorno, quando si capisce l'importanza degli allenamenti, la felicità della vittoria, il saper sdrammatizzare una sconfitta. Poi tutto questo si rilascia nel tempo, perché ti ha già formato nel carattere. La mia soddisfazione è nel crescere gli atleti e nel vedere riconosciuti i sacrifici che facevano con i risultati. Questo mi ripaga di tutto». Mesi e mesi sulle piste: «Trascuravo tutto per i miei giovani atleti, anche la famiglia», sia d'inverno che per i campi estivi sui ghiacciai. Trent'anni trascorsi con una passione inguaribile, ora un poco «più anziano e più stanco» (dice lui) vorrebbe andare in pensione e lasciare spazio ai giovani, magari a qualche suo allievo. Ma Zando fa parte della leggenda e senza di lui anche lo Sci Club non sarebbe più lo stesso. Quindi, caro Zando, vedremo se i tuoi atleti ti lasceranno andare via!