
Un lettore ci segnala, con indignazione e disappunto, che Cristiano Ronaldo, il famoso calciatore portoghese da qualche anno in Arabia Saudita, ha rinnovato il suo contratto fino al 2027 con l'Al Nassr, la società calcistica professionistica, con sede a Riyadh, per la quale gioca. Con questo accordo, Ronaldo continuerà a giocare in Arabia Saudita per altri due anni: le cifre dell'accordo sono da capogiro e si parla di circa 200 milioni di euro a stagione, più vari bonus e benefit. «Senza scadere in facili e sterili moralismi – continua il nostro lettore – bisogna riflettere su queste realtà che, come tante altre, sono al di fuori di ogni senso e di ogni ragione! Questo Ronaldo cosa fa di così eclatante? Un medico, che magari è ultra-specializzato e fa “miracoli”, cosa dovrebbe prendere? Il fatto è che ci si abitua e si accetta... Ma non ci si può rassegnare!».
Non si può che essere d’accordo con il nostro lettore e condividere la sua indignazione. Il caso Ronaldo – come quello di tanti altri calciatori – ci pone davanti agli occhi il triste fenomeno del mercato (gonfiato) del calcio e dell’ipervalutazione di allenatori e calciatori nel nome del “dio” del calcio. Questo stato di cose, assolutamente iniquo, trova la sua ragion d’essere in chi foraggia a suon di milioni di euro (e di dollari) tale sistema. Bisogna riconoscere, tuttavia, che questa farsa sta in piedi anche grazie ai tifosi ed appassionati del calcio: i “consumatori finali” che, con le loro scelte (economiche), consentono a questo meccanismo di perpetuarsi.
Il caso segnalato permette di puntare il dito anche contro un altro fenomeno iniquo: quello della sperequazione della ricchezza a livello planetario. Il dato – di per sé già noto da tempo e più volte denunciato – è confermato dal recente report annuale sulla ricchezza globale curato dal Boston Consulting Group (Bcg). Nell’indagine, si prende in esame anche l’Italia che si posiziona ad un “lusinghiero” ottavo posto nella classifica della ricchezza finanziaria del mondo. Meglio dell’Italia solo Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania, Regno Unito, Canada e Francia (curioso: non ci sono i Paesi Arabi!). La notizia, di per sé, potrebbe apparire una buona notizia. Tornano in mente le parole di un famoso politico: “Tutti parlano di povertà in Italia, eppure io vedo che le pizzerie e i ristoranti sono pieni!”. Oggi potremmo aggiungere, guardandoci attorno, qui nel Nordest: “Dov’è la povertà? Vedo macchine costose ovunque!”.
In realtà, analizzando meglio i dati della ricerca, emerge che, sì, l’Italia si conferma un Paese di risparmiatori (anche per il contesto economico mondiale incerto che inclina al risparmio e ciò non è proprio una bella notizia), ma emerge pure che questa ricchezza finanziaria (fatta di liquidità, azioni, titoli di Stato...) è mal ripartita. «Gli italiani che singolarmente hanno più di un milione di dollari di ricchezza finanziaria – precisa l’economista Nicola Salvagnin – sono 517mila. Circa 2.600 quelli che posseggono più di 100 milioni di dollari, i Paperoni d’Italia». Ciò significa che in Italia (come pure nel mondo) sta dilatandosi la forbice tra chi ha molto, o moltissimo, e chi ha poco o niente: qualcuno è salito nella serie A dei ricchi – per restare nella metafora calcistica –, molti sono scesi nella serie B dei poveri.
Cose che si sanno già, probabilmente. Come si sa di Ronaldo e dei calciatori superpagati. Oltre all’indignazione (sacrosanta!), tutto questo deve spingere i cittadini – cioè, ognuno di noi – ad assumere un atteggiamento maggiormente critico nei confronti di certi fenomeni sociali (come il calcio, ad esempio) ed a ricercare una più accurata formazione finanziaria (che in molti, Italia, difetta). Ma tutto questo deve anche provocare i politici ad interessarsi dei problemi reali del Paese – come la sperequazione economica – che impattano negativamente sulla vita degli italiani e bloccano l’ascensore sociale (con tutte le conseguenze del caso). AM