EXPORT. Veneto Est: dagli Emirati al Messico, spinta anti dazi per i nuovi mercati
Carron: “Dazi Usa al 30% insostenibili, temiamo contraccolpi pesanti. L’UE sia unita e ferma”
Redazione Online
14/07/2025
Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est

Consolidare la presenza nei Paesi già serviti e, al contempo, diversificare i mercati di sbocco. Per più di sei aziende su dieci del Veneto orientale (63,4%), otto su dieci tra quelle a media intensità di export, è questa la strategia chiave da adottare nel prossimo biennio, alla luce di incertezza e dazi che colpiscono fiducia ed export.

Uno scenario già complesso, aggravato dal conflitto in Medio Oriente, che oltre agli effetti su costo dell’energia (in risalita) e svalutazione del dollaro, che sommata a dazi Usa al 30% porterebbe la barriera totale all’export sopra il 40%, rende incerto il boom di vendite made in Veneto in aree emergenti come il Golfo.

È quanto rileva un’analisi di Confindustria Veneto Est che mostra una fotografia aggiornata del commercio estero delle imprese del Veneto orientale. Una diversificazione che guarda a nuovi mercati strategici, per fronteggiare le incertezze geopolitiche e la debolezza di storici partner commerciali. E che molte aziende hanno anticipato, ben prima dell’insediamento del secondo Trump, ampliando gli orizzonti internazionali verso geografie ad alto potenziale.

Pur mantenendo un solido ancoraggio al mercato Ue a 27 (60,2% del totale) e agli Stati Uniti, primo sbocco di riferimento extra-Ue che assorbe circa il 9% dell’export (3,3 miliardi, con un surplus di 2,2), nel 2024, tra i primi mercati per crescita percentuale delle esportazioni, vi sono Emirati Arabi Uniti (+33,2%), Arabia Saudita (+20,1%), Israele (+11,4%), Brasile (+12%), Messico (+6,8%), Algeria (+9,8%), Libia (+22,8%).

Se poi si allarga l’orizzonte temporale agli ultimi cinque anni, la propensione alla diversificazione appare ancora più accentuata: dal 2019 al 2024 le esportazioni del Veneto orientale sono cresciute in valore a doppia cifra, o quasi, verso nuovi mercati ad alto potenziale, come Turchia (+93,8% a 637 milioni di euro), Cina (+2,7% a 618 milioni), Emirati Arabi Uniti (+83,5% a 488 milioni), Messico (+83,7% a 394 milioni), Australia (+13,5% a 338 milioni), Arabia Saudita (+90,7% a 325 milioni), Brasile (+10,4% a 214 milioni), Tunisia (+71% a 191 milioni di euro).

Nel primo trimestre 2025, l’export negli Emirati ha accelerato ancora (+63,3%). La crescita in tutta l’area mediorientale è stata del +6,0%, a fronte del -2% dell’export totale. Ha aiutato a compensare, ma solo in parte, i cali in Germania (-2,1%), Francia (-5,8%), Cina (-21,6%) e la tenuta degli Stati Uniti (+0,7%), che da soli valgono due volte le esportazioni nel Medio Oriente.

«Il neo-protezionismo crea incertezza e instabilità e questo incide sull’economia, anche per un tessuto produttivo come quello del nostro territorio capace di reagire, di diversificare i prodotti e i mercati pur in un contesto globale complesso - dichiara Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est -. Se dazi al 10% sarebbero difficilmente sostenibili per molti comparti, quelli al 30% dal primo agosto sarebbero insostenibili per tutti, anche perché dobbiamo tenere conto della svalutazione del dollaro (tra il 12 e il 14%). L’impatto reale sarebbe sopra il 40%, una follia. Temiamo contraccolpi pesanti sull’export che genera circa metà del PIL del Veneto».

«Di fronte alla aggressiva lettera arrivata dagli Stati Uniti, l’Europa deve restare unita e ferma - sottolinea Carron -. Bisogna continuare a negoziare con gli Usa a livello europeo, facendo valere la forza di deterrenza di un’Ue unita, le concessioni su Digital Tax e spese per la Difesa, con l’obiettivo di un accordo equo e reciproco sulle due sponde dell’Atlantico, altrettanto o più accettabile di quello con il Regno Unito che pure non ha lo stesso peso negoziale. Un’insensata guerra commerciale significherebbe meno crescita e più inflazione per tutti. E al tempo stesso bisogna fare un salto di qualità nelle risposte di politica economica. In primo luogo, compensare adeguatamente i comparti più colpiti dai dazi, per difendere ad ogni costo la competitività dell’industria italiana ed europea, eliminare i “dazi interni” all’Ue, burocrazia e iper-regolamentazione. E rompere ogni indugio sugli strumenti di debito comune per finanziare lo sviluppo e gli investimenti sia in macchinari e impianti, sia in competenze e capitale immateriale».

«Parallelamente, bisogna stringere collaborazioni per aprirsi a nuovi mercati, Mercosur, India, Indonesia, Australia, Africa. Le nostre imprese lo stanno già facendo ed è uno sforzo che va adeguatamente sostenuto con accordi di libero scambio a livello europeo e il piano d’azione italiano per spingere l’export», conclude la presidente Carron.