
Si moltiplicano in queste ore i messaggi che esprimono il cordoglio per la morte di Papa Francesco e la gratitudine per il dono che in lui il Signore ha fatto alla Chiesa e al mondo intero.
Mi sembra abbia colto nel segno ciò che, a pochi minuti dalla comunicazione della triste notizia, mi ha scritto una collega e amica teologa: «Le ultime parole: la benedizione dal balcone. La benedizione che aveva chiesto al popolo alla sua elezione, l'ha ridata al mondo».
Tra la benedizione ricevuta il 13 marzo 2013 e quella data il 20 aprile 2025 c’è un cammino di Chiesa nel corso del quale Papa Francesco, come i suoi predecessori ma con uno stile e con accenti nuovi, ci ha costantemente richiamato al Vangelo, scuola di misericordia e sorgente di speranza.
Ci ha ricordato che la gioia che è data a chi accoglie nella fede il Vangelo di Gesù Cristo non può essere tenuta per sé: va condivisa, impegnandosi a far sì che tanti e tante abbiano la possibilità di farne esperienza.
Tra la benedizione ricevuta e la benedizione data c’è la ripresa di alcuni importanti insegnamenti del Concilio ecumenico Vaticano II. Ci sono gesti e parole importanti. Ci sono anche momenti più personali di incontro e di collaborazione, in occasione della XVI Assemblea del Sinodo dei Vescovi, che porterò nel cuore e che mi sosterranno nel ministero che lo stesso Papa Francesco, con una fiducia inattesa di cui spero di essere degno, ha voluto affidarmi nella Chiesa di Dio che è in Vittorio Veneto.
Anche se sembra poco intonato a un momento di tristezza come quello che stiamo vivendo, mi permetto di rievocare quello che più volte ho sentito dire da Papa Francesco alla fine degli incontri di lavoro per il Sinodo: «Mi raccomando, non perdete il buon umore!». Il “buon umore” a cui si riferiva non è certo quello della superficialità: è quello della fede, della certezza che la storia è affidata alle mani misericordiose di Dio e che, con lui, il nostro impegno nel bene non è mai vano.
Don Riccardo Battocchio, vescovo eletto di Vittorio Veneto