VESCOVO CORRADO: il messaggio per il Natale 2024
"Un bambino è nato per noi"
Redazione Online
21/12/2024

Nella celebrazione della notte di Natale, ascolteremo le parole del profeta Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia». Quando, poi, l’antico profeta spiega la ragione di questa gioia, essa appare molto semplice, quasi banale: «Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio».

Certo, in quel “bambino”, in quel “figlio” annunciato dal profeta, tutta la tradizione ha riconosciuto il Messia. Ma anche senza pensare a un bambino così speciale, possiamo senza difficoltà constatare che normalmente ogni bambino che nasce è motivo di gioia, di luce e di speranza. Leggendo l’editoriale di domenica scorsa, mi è venuto da chiedermi se quella stanchezza o spossatezza di cui molti parlano, come caratteristica del nostro tempo, non abbia molto a che fare proprio con quel drammatico fenomeno che stiamo vivendo: il grave calo della natalità o meglio - per usare le parole del Papa nella bolla di indizione del Giubileo - “la perdita del desiderio di trasmettere la vita”. Nascono sempre meno bambini: il calo di natalità - è bene ricordarlo - non è un fenomeno esclusivamente biologico, ma ha molto a che fare con la perdita di quel desiderio di trasmettere la vita che, a sua volta, è strettissimamente legato alla mancanza di speranza che oggi, almeno nel mondo occidentale, stiamo vivendo.

L’inverno demografico è, a mio parere, conseguenza e insieme causa di quella stanchezza o spossatezza e, più a monte, di quella mancanza di speranza che caratterizzano il nostro tempo. È un circolo vizioso: il desiderio di trasmettere la vita viene bloccato dalla mancanza di speranza e dalla conseguente spossatezza che tale mancanza genera; ma contemporaneamente, proprio la mancanza di bambini e di figli contribuisce a “tagliare le gambe” alla speranza e ad incrementare la spossatezza in una popolazione che sta diventando sempre più vecchia.

Giustamente allora il Papa indica proprio nel recupero del desiderio di trasmettere la vita uno dei primi segni di speranza che il prossimo Giubileo potrà realizzare: «È urgente che, oltre all’impegno legislativo degli Stati, non venga a mancare il sostegno convinto delle comunità credenti e dell’intera comunità civile in tutte le sue componenti, perché il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro ad ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza».

L’augurio con cui concludo questo messaggio è allora questo: guardando - come faremo nei prossimi giorni - al bambino che giace nella mangiatoia del presepio, non fermiamoci semplicemente a qualche sentimento o emozione superficiali e passeggeri, ma accogliamolo come un segno e un incoraggiamento per tutti a guardare con più speranza alla vita e a favorirne, in tutti i modi possibili, la sua reale trasmissione. Mettiamoci, cioè, dalla parte di Dio; guardiamo con i suoi occhi alla vita concreta dell’umanità che Dio stesso ha voluto condividere assumendo la carne umana e facciamoci, a nostra volta, collaboratori della trasmissione di questa vita. Anche in questo modo saremo, ognuno nel suo posto e con le sue responsabilità, “seminatori di speranza”.

+ Corrado, vescovo