SACILE: quale pace è possibile in Terra Santa
Un interessante incontro promosso dal Centro di Studi Biblici
Redazione Online
04/04/2024

Quale pace (possibile?) in Terra Santa: è stato questo il tema dell'incontro che il Centro Studi Biblici di Sacile ha promosso lo scorso 20 marzo. L'argomento, come prevedibile, ha attirato l’attenzione di molte persone drammaticamente preoccupate per quanto ogni giorno si sente dal 7 ottobre scorso. In collegamento dallo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme è intervenuto p. Matteo Munari, professore di Nuovo Testamento e conoscitore del mondo ebraico e palestinese, avendo avuto possibilità di studiare bene anche le due lingue. Il suo discorso, infatti, non si è sostanziato di valutazioni politiche e culturali, ma soprattutto di fatti concreti della vita di persone incontrate, sia ebrei sia palestinesi.

Rispetto a ciò che sentiamo dai soliti canali di comunicazione, p. Munari ha dipinto un quadro assai concreto circa il clima esistente tra i due popoli: un odio profondo e radicato, che oggi, a causa degli ultimi eventi, ha inspessito il fronte di chi sogna una terra senza più la presenza di altri. Una certa parte della popolazione dello stato di Israele lavora e si impegna perché nessuna altra presenza possa abitare la terra che considerano loro; di questa frangia sono rappresentanti soprattutto i coloni, fenomeno apparso dopo la guerra del 1967 e che oggi rende impossibile la costituzione di uno Stato di Palestina, perché i loro insediamenti si incuneano in ciò che potrebbe essere un territorio unito, almeno per la Cisgiordania. Una parte della popolazione palestinese, che non si è sentita rappresentata dal partito di Abu Mazen, ha fatto la scelta di votare il partito di Hamas, senza dare sufficiente peso alle simpatie terroristiche dei suoi leader, che pongono come loro obiettivo l’eliminazione dello Stato di Israele.

La situazione culturale e politica, insomma, sembra bloccata su un’idea, ben chiara da entrambe le parti, che l’unico obiettivo possibile per vivere sia la morte dell’altro. Per un occidentale che vive delle radici del personalismo cristiano, ma si è avvelenato di nichilismo culturale e di liberalismo individuale antisociale, tale situazione sembra inconcepibile. Eppure è così.

I racconti di p. Matteo hanno dato anche una parola di speranza, perché alcuni vedono la presenza cristiana in Terra Santa come una parola nuova, di fiducia nell’altro, soprattutto nel vivere l’insegnamento evangelico dell’amore al nemico, visto come l’unica possibile soluzione ai conflitti. Perciò la presenza cristiana in Terra Santa, pur minoritaria e di fatto esigua, è un seme di una parola nuova che viene dal vangelo e che, per chi è nauseato dall’odio e dalla morte, può diventare motivo di ripartenza. Ciò che accade in Terra Santa non è così lontano da noi e, soprattutto, ci interroga se siamo sufficientemente vigili sia sulla fede ricevuta, per chi è credente, sia sulla cultura del personalismo cristiano, che è l’anima della nostra costituzione italiana e della civiltà europea.

(Il video dell'incontro, ripreso da La Tenda Tv, è disponibile anche sulla pagina Facebook de L'Azione)

Don Maurizio Girolami - Direttore scientifico CSB