Amnistia, accoglienza, abolizione pena capitale. Il 2016 di Pace secondo Bergoglio
Il Messaggio di Papa Francesco per la 49.ma Giornata Mondiale della Pace del prossimo 1° gennaio
“Dio non è indifferente! A Dio importa dell’umanità, Dio non l’abbandona!”. Urla speranza da ogni paragrafo il Messaggio di Papa Francesco per la 49.ma Giornata Mondiale della Pace. Un proclama dell’amore di Dio quasi a voler controbilanciare quella indifferenza, individuale e globalizzata, che l’uomo moderno rivolge a Dio, agli uomini, al Creato.
“Vinci l’indifferenza e conquista la pace” è infatti il tema della ricorrenza che si celebra il prossimo 1° gennaio 2016. Pace che, sottolinea il Pontefice, “è dono di Dio, ma affidato a tutti gli uomini e a tutte le donne, che sono chiamati a realizzarlo”. Pace che si può conquistare ponendo fine ai drammi che hanno segnato - anzi ferito - il 2015 dall’inizio alla fine: guerre e azioni terroristiche, sequestri di persona, persecuzioni per motivi etnici o religiosi, prevaricazioni” e tutti quegli altri fenomeni che vanno “moltiplicandosi dolorosamente” in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di una “terza guerra mondiale a pezzi”, scrive il Pontefice.
Uno scenario drammatico che, tuttavia, non deve far “perdere la speranza nella capacità dell’uomo” di “superare il male” e “di operare nella solidarietà, al di là degli interessi individualistici”. Lo dimostrano gli sforzi fatti dalla COP 21, dal Summit di Addis Abeba e dalle Nazioni Unite con l’adozione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
Anche per la Chiesa - rammenta il Santo Padre - “il 2015 è stato un anno speciale”, soprattutto con l’apertura del Giubileo della Misericordia con il quale ogni cristiano è invitato ad “aprirsi a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali”, senza cadere “nell’indifferenza che umilia”, “nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo”, “nel cinismo che distrugge”.
Tre forme, quest’ultime, di quella ‘globalizzazione dell’indifferenza’ da sempre stigmatizzata da Bergoglio, la quale - ribadisce nel Messaggio - “costituisce una minaccia per la famiglia umana”, avendo “superato decisamente l’ambito individuale” per assumere una dimensione globale. Tale indifferenza nella società umana è rivolta anzitutto a Dio - osserva il Pontefice richiamando una delle perle del magistero di Benedetto XVI - da cui scaturisce l’indifferenza verso il prossimo e il creato.
Tale indifferenza ha diversi volti, prosegue il Papa. Il volto di “chi è ben informato, ascolta la radio, legge i giornali o assiste a programmi televisivi, ma lo fa in maniera tiepida, quasi in una condizione di assuefazione”. Il volto di chi si compiace “incolpando i poveri e i paesi poveri dei propri mali, con indebite generalizzazioni, e pretendono di trovare la soluzione in una ‘educazione’ che li tranquillizzi e li trasformi in esseri addomesticati e inoffensivi”. Il volto di quelle persone che “preferiscono non cercare, non informarsi e vivono il loro benessere e la loro comodità sorde al grido di dolore dell’umanità sofferente”.
Quasi senza accorgercene, - annota il Pontefice - “siamo diventati incapaci di provare compassione per gli altri, per i loro drammi, non ci interessa curarci di loro, come se ciò che accade ad essi fosse una responsabilità estranea a noi, che non ci compete”. E questo - aggiunge - è ancora più “irritante” se gli esclusi vedono crescere il “cancro sociale” che è la corruzione profondamente radicata in governi, imprenditoria e istituzioni di tanti paesi.
Tutto ciò accade non solo con le persone, ma anche con il Creato. “L’inquinamento delle acque e dell’aria, lo sfruttamento indiscriminato delle foreste, la distruzione dell’ambiente, sono sovente frutto dell’indifferenza dell’uomo verso gli altri, perché tutto è in relazione”, evidenzia il Papa. Come anche il comportamento dell’uomo con gli animali “influisce sulle sue relazioni con gli altri”.
Una indifferenza che viaggia quindi su un doppio binario, individuale e comunitario, e che assume l’aspetto della “inerzia” e del “disimpegno”, i quali “alimentano il perdurare di situazioni di ingiustizia e grave squilibrio sociale” che, a loro volta, si trasformano in “conflitti” o comunque in un generale “clima di insoddisfazione” che “rischia di sfociare, presto o tardi, in violenze e insicurezza”.
Gravissimo, in tal senso, quando l’indifferenza “investe il livello istituzionale”, andando a “giustificare alcune politiche economiche deplorevoli, foriere di ingiustizie, divisioni e violenze, in vista del conseguimento del proprio benessere o di quello della nazione”. Così vengono calpestati i diritti e le esigenze fondamentali degli altri.
E “quando le popolazioni vedono negati i propri diritti elementari, quali il cibo, l’acqua, l’assistenza sanitaria o il lavoro, esse sono tentate di procurarseli con la forza”, ammonisce il Pontefice. Che, provocatoriamente, domanda: “Quante guerre sono state condotte e quante ancora saranno combattute a causa della mancanza di risorse o per rispondere all’insaziabile richiesta di risorse naturali?”.
Bisogna allora “fare dell’amore, della compassione, della misericordia e della solidarietà un vero programma di vita, uno stile di comportamento” e “adottare un impegno concreto per contribuire a migliorare la realtà in cui vive”. Gli Stati in primis sono chiamati a compiere “atti di coraggio” nei confronti delle persone più fragili della società: prigionieri, migranti, disoccupati e malati.
A proposito di detenuti, Francesco rileva l’urgenza di adottare misure concrete per migliorare le loro condizioni di vita nelle carceri e rinnova l’appello alle autorità statali per l’abolizione della pena di morte, là dove essa è ancora in vigore, e a considerare la possibilità di un’amnistia. In questa prospettiva, il Pontefice lancia pure “un triplice appello” ad “astenersi dal trascinare gli altri popoli in conflitti o guerre che ne distruggono non solo le ricchezze materiali, culturali e sociali, ma anche – e per lungo tempo – l’integrità morale e spirituale”.
Un sollecito anche “alla cancellazione o alla gestione sostenibile del debito internazionale degli Stati più poveri; all’adozione di politiche di cooperazione che, anziché piegarsi alla dittatura di alcune ideologie, siano rispettose dei valori delle popolazioni locali e che, in ogni caso, non siano lesive del diritto fondamentale ed inalienabile dei nascituri alla vita”.
Lodando invece le tante famiglie, che, in mezzo a difficoltà lavorative e sociali, “si impegnano concretamente per educare i loro figli ‘controcorrente’, a prezzo di tanti sacrifici, ai valori della solidarietà, della compassione e della fraternità”, il Papa ringrazia tutti coloro che hanno risposto prontamente all’appello ad accogliere una famiglia di rifugiati.
Proprio sulle migrazioni, Bergoglio esorta gli Stati a “ripensarne le legislazioni” affinché siano animate da volontà di accoglienza, rispetto dei reciproci doveri e responsabilità, per “facilitare l’integrazione dei migranti”. Un’attenzione speciale “deve essere prestata alle condizioni di soggiorno dei migranti, ricordando che la clandestinità rischia di trascinarli verso la criminalità”.
Ancora più pressante è l’appello del Pontefice a compiere gesti concreti in favore di chi soffre per la mancanza di lavoro, terra e tetto “che investe un gran numero di famiglie e di giovani ed ha conseguenze gravissime sulla tenuta dell’intera società”. Un pensiero anche alle donne “purtroppo ancora discriminate in campo lavorativo” e ai malati, per i quali bisogna garantire “l’accesso alle cure mediche e ai farmaci indispensabili per la vita”, compresa la possibilità di cure domiciliari.
Insomma, in questo 2016, bisogna impegnarsi a vincere l’indifferenza e promuovere i “valori della libertà, del rispetto reciproco e della solidarietà”. Valori che, scrive il Papa, “possono essere trasmessi fin dalla più tenera età”: dalla famiglia, innanzitutto, che ha “una missione educativa primaria ed imprescindibile”, e poi da educatori e formatori nella scuola o nei diversi centri di aggregazione infantile e giovanile.
In tal senso anche i mezzi di comunicazione sociale sono chiamati in causa. “E’ loro compito innanzitutto porsi al servizio della verità e non di interessi particolari”, rimarca il Santo Padre, anche perché essi “non solo informano, ma anche formano lo spirito dei loro destinatari”. Quindi i diversi operatori culturali e dei media “dovrebbero anche vigilare affinché il modo in cui si ottengono e si diffondono le informazioni sia sempre giuridicamente e moralmente lecito”.
Lodando poi l’impegno di tante ong e gruppi caritativi, dentro e fuori la Chiesa, in occasione di epidemie, calamità o conflitti, Papa Francesco rivolge un pensiero anche a giornalisti e fotografi che informano l’opinione pubblica e a coloro che si impegnano per la difesa dei diritti umani, in particolare di minoranze etniche e religiose, indigeni, donne e bambini. Tra questi anche tanti sacerdoti e missionari che, nonostante i pericoli e i disagi, stanno a fianco ai fedeli “come buoni pastori”.
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