CHIESA: Chiesta maggiore trasparenza sui recenti fatti di Bose
Enzo Bianchi: “Invano abbiamo chiesto di conoscere le prove delle nostre mancanze e poterci difendere da false accuse”
Un “comunicato ufficiale” per chiedere alla Santa Sede spiegazioni e “conoscere le prove delle nostre mancanze” così da “poterci difendere da false accuse”. Lo ha diffuso il fondatore della comunità di Bose, Enzo Bianchi, in seguito alla richiesta espressa dalla Santa Sede di “lasciare temporaneamente la comunità e ad andare a vivere altrove”. Bianchi firma un comunicato che si conclude con un attestato di fiducia: “Nella tristezza più profonda, sempre obbediente, nella giustizia e nella verità, alla volontà di Papa Francesco, per il quale nutro amore e devozione finale”.
Il provvedimento di allontanamento dalla comunità è contenuto in un decreto firmato dal card. Pietro Parolin e pubblicato al termine di una Visita apostolica condotta da tre visitatori. La decisione riguarda non solo il fondatore fr. Enzo Bianchi ma anche altri tre membri della comunità: sr. Antonella Casiraghi, già sorella responsabile generale, fr. Lino Breda, segretario della comunità, e fr. Goffredo Boselli, responsabile della liturgia. “Invano – scrive Bianchi -, a chi ci ha consegnato il decreto abbiamo chiesto che ci fosse permesso di conoscere le prove delle nostre mancanze e di poterci difendere da false accuse. In questi due ultimi anni, durante i quali volutamente sono stato più assente che presente in comunità, soprattutto vivendo nel mio eremo, ho sofferto di non poter più dare il mio legittimo contributo come fondatore”. Nel comunicato diffuso dal Monastero per dare annuncio del provvedimento della Santa Sede, si parlava di “una situazione tesa e problematica nella nostra Comunità per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del Fondatore, la gestione del governo e il clima fraterno”.
“In quanto fondatore, oltre tre anni fa ho dato liberamente le dimissioni da priore”, scrive Bianchi, “ma comprendo che la mia presenza possa essere stata un problema. Mai però ho contestato con parole e fatti l’autorità del legittimo priore, Luciano Manicardi, un mio collaboratore stretto per più di vent’anni, quale maestro dei novizi e vicepriore della comunità, che ha condiviso con me in piena comunione decisioni e responsabilità”. Da qui la richiesta di Enzo Bianchi di maggiori chiarimenti: “In questa situazione, per me come per tutti, molto dolorosa, chiedo che la Santa Sede ci aiuti e, se abbiamo fatto qualcosa che contrasta la comunione, ci venga detto. Da parte nostra, nel pentimento siamo disposti a chiedere e a dare misericordia. Nella sofferenza e nella prova abbiamo altresì chiesto e chiediamo che la comunità sia aiutata in un cammino di riconciliazione”. Il comunicato si conclude con un ringraziamento “dal profondo del cuore” ai tanti fratelli e sorelle di Bose che “in queste ore di grande dolore mi sostengono e le tante persone che mi e ci hanno attestato la loro umana vicinanza e il loro affetto sincero”.
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