FESTA DELLA DONNA: donne e lavoro, ancora lontana la ripresa occupazionale
Studio della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
Redazione Online
07/03/2022

Il 2021 avrebbe dovuto essere l’anno del recupero occupazionale, ma il mercato del lavoro italiano è ancora lontano dal raggiungere i livelli pre-pandemia. Ancora di più lo sono le donne che hanno visto ridurre molto più significativamente degli uomini i volumi occupazionali, e che stanno incontrando più difficoltà nell’avviarsi sul percorso della ripresa. Secondo le stime di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro sui dati recentemente revisionati dell’Istat (Indagine mensile sulle Forze Lavoro), tra 2019 e 2021, il numero degli occupati si è ridotto di 567 mila unità, per una contrazione del 2,5%. Quasi la metà dei posti di lavoro persi a seguito della pandemia (49,2%) è stato femminile. Le donne hanno, infatti, subito una perdita molto più significativa degli uomini in termini relativi: 279 mila occupate in meno per una contrazione del 2,9% (contro il 2,2% di quella maschile).

Sono dati preoccupanti, che si aggiungono ad un quadro di contesto notoriamente critico, di un mercato del lavoro, quale quello italiano, strutturalmente gravato da divari di genere rilevanti in termini di partecipazione al lavoro, livelli e qualità dell’occupazione. Poco sollievo genera l’accelerazione nella ripresa occupazionale delle donne negli ultimi mesi del 2021: una dinamica in parte riconducibile ad effetti stagionali che non riesce ad invertire più di tanto la fotografia di un Paese che sta arrancando nel rimettere il lavoro in carreggiata. Anche il quadro che emerge dall’analisi dei dati forniti dalle Comunicazioni Obbligatorie del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali evidenzia la debolezza della ripresa occupazionale. Nei primi 9 mesi del 2021, sono state 2.315 mila le donne interessate dall’attivazione di un nuovo contratto di lavoro, un numero inferiore allo stesso periodo del 2019, quando erano state 2.352 mila (-1,5%).

Le donne hanno rappresentato il 46,2% del totale dei lavoratori interessati da almeno un nuovo contratto. Tali dati consentono di approfondire in quale direzione e con quali caratteristiche si sta caratterizzando la ripresa del lavoro femminile. L’incertezza del quadro congiunturale, ma anche la giovane età delle neoassunte (il 42,2% ha meno di 35 anni) determina largo ricorso a contratti temporanei: “solo” il 21,3% delle donne è assunta con un contratto a tempo indeterminato (tra gli uomini la percentuale è ancora più bassa, del 19,1%). La maggioranza ha contratti a tempo determinato o di collaborazione, risultati peraltro in crescita del 3% rispetto allo stesso periodo del 2019.

Ma è l’elevata incidenza del part time sulle nuove attivazioni a distinguere le donne rispetto agli uomini (solo il 49,2% delle prime ha un contratto full time, contro il 68,7% dei secondi) e a definire i contorni di un modello occupazionale al femminile ancora in larga parte fragile. Ciò si riscontra soprattutto al Sud, dove le donne continuano a scontare un divario rilevante nelle opportunità di accesso all’occupazione: su 100 lavoratori interessati dall’attivazione di un nuovo contratto, al Sud “solo” 43 erano donne, contro un valore di 47 al Nord Ovest, 48,1 al Nord Est e 48,4 al Centro. Nelle more di un anno eccezionale, che vede pertanto persistere, e in taluni casi accentuarsi, alcuni elementi di criticità occupazionale per le donne (ma anche per gli uomini) vanno, tuttavia, emergendo alcuni segnali di novità degni di attenzione. Il principale è rappresentato dall’attenzione che il mercato sembra aver riconosciuto ai profili più qualificati dell’offerta femminile.

Complice l’aumento della domanda di alcuni settori, ma anche le crescenti difficoltà di reclutamento di specifici profili professionali, le assunzioni femminili del 2021 sono state caratterizzate da una crescita sia delle laureate (+8,3%) che delle professioni più qualificate, in particolare delle intellettuali e ad elevata specializzazione (+23%) e di quelle tecniche (+1%). Le laureate hanno rappresentato il 18,4% delle nuove attivazioni (tra gli uomini la percentuale è dell’8,5%) mentre le figure apicali della piramide professionale – professioni ad elevata specializzazione e tecniche – hanno contribuito a circa un quarto dei nuovi contratti (24,3%). In molti casi, tali dinamiche hanno interessato professioni a tradizionale vocazione maschile: è il caso dei profili ingegneristici (+40,2%), dove le donne hanno contribuito al 28% delle nuove assunzioni, degli specialisti in scienze matematiche ed informatiche (+19,5%), delle professioni tecniche in campo ingegneristico e della produzione (+8,5%). A fare da traino all’occupazione femminile sono stati il comparto istruzione e sanità, da sempre importanti bacini di reclutamento “femminile”, che hanno registrato incrementi rilevanti nelle attivazioni di nuovi contratti (+32,2% e +14,3%); ma anche comunicazione e informazione, attività immobiliari, e in parte costruzioni, hanno dato una piccola spinta alla crescita.

Parallelamente a tali dinamiche si è, invece, affievolito il contributo di settori quali il ricettivo-ristorativo e il commercio, tradizionali ambiti di impiego femminile. Entrambi hanno visto declinare il numero delle nuove occupate (rispettivamente -12,1% e -10,7%), con un impatto sui profili tradizionalmente impiegati: diminuisce dell’11,3% il numero delle donne qualificate nelle attività commerciali e nei servizi.

(fonte: introduzione al dossier "Donne e lavoro: ancora lontana la ripresa occupazionale")