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GRECIA: prima tappa de “The Game”

Da Lesbo a Trieste alla ricerca della libertà, dove l’Europa non c’è. Intervista a Maria Alverti, direttrice di Caritas Hellas. 

GRECIA: prima tappa de “The Game”

In Grecia l’epidemia di Coronavirus sembra, fino ad oggi, non avere avuto picchi drammatici di contagi come nella vicina Turchia. Le persone morte sono state solo 191. Ma la situazione nei campi profughi sulle isole dell’Egeo, dove vivono circa 32mila migranti, continua ad essere drammatica.

Al di là dei numeri la minaccia del Coronavirus rende, se è possibile, ancora più precaria e pericolosa la situazione di una delle fasce più fragili della popolazione: i migranti

Nei campi profughi in Grecia soprattutto le condizioni igieniche sanitarie non possono essere sufficienti perché di fatto non esistono. Sulle isole dell’Egeo, Lesbo, Chios, Samos, Leros e Kos la situazione è allo stremo. E non potrebbe essere altrimenti: intrappolati in condizioni disumane nei cinque campi profughi, in numero più di quattro volte superiore alle effettive capacità di accoglienza delle strutture.

La Rotta balcanica è un itinerario di speranza di cui in apparenza ‘poco’ interessa all’Italia. Non fa il rumore mediatico dei barconi che attraversano il Mediterraneo. Eppure Lesbo (nella foto il campo profughi di Moria) è stata ribattezzata la “Lampedusa greca”. E quei profughi che erano in Grecia (o lo sono ancora o arriveranno) si mettono in marcia e attraversano i confini di sei o sette Paesi prima di raggiungere l’Europa – quando e se ci riescono – sono marginali. Perché loro in Italia non vogliono restare. Convenzionalmente la rotta inizia in Grecia, fisicamente finisce in Italia, a Trieste o a Gradisca d’Isonzo. Ma il viaggio di chi fugge inizia molti chilometri prima per finire poi nel Nord Europa. La primavera inoltrata e l’estate sono i tempi più propizi per affrontare le varie tappe del “The Game”, come viene chiamato sarcasticamente dai migranti il viaggio lungo la rotta balcanica. Chiamata così in virtù del fatto che, come in una simulazione di gioco, un migrante ci prova decine di volte, correndo rischi elevatissimi, fino a quando non riesce ad entrare. 

Dopo un triennio di riduzione dei flussi, nel 2019 il numero di arrivi da Medio Oriente e nord Africa lungo i Balcani ha ripreso a crescere. Numeri alla mano, lontano dai nostri occhi, in Grecia ci sono stati lo scorso anno più arrivi che in Italia, Spagna e Malta messi insieme.

Per capire come è la situazione in Grecia abbiamo intervistato Maria Alverti, direttrice di Caritas Hellas.

Quante persone sono attualmente accolte nei centri di accoglienza dalla Grecia? Ci potrebbe indicare le loro principali nazionalità e l’età media dei migranti accolti?

Il numero totale di rifugiati in Grecia (luglio 2020) è di 121.500. Quasi 32.000 rimangono nelle isole e il resto nella terraferma. Nel 2020, 8.115 sono arrivati via mare e 2.343 dai confini settentrionali con la Turchia. Oltre il 50% delle presenze nelle isole proviene dall'Afghanistan, il 18% dalla Siria e il 6% dalla Somalia. Il 22% sono donne e il 33% sono bambini. 7 bambini su 10 hanno meno di 12 anni. Circa il 13% dei bambini non è accompagnato o separato, principalmente dall'Afghagistan.

Gli episodi e gli scontri al confine lungo il fiume Evros nel marzo 2020 hanno portato il governo a un forte aumento della presenza della polizia e dell'esercito ai confini nord-greco-turchi e da allora non sono stati registrati arrivi.

Allo stesso tempo, Frontex e la Guardia costiera ellenica hanno aumentato significativamente le pattuglie marittime e così è diminuito il numero di arrivi via mare.

La necessità di decongestionamento delle isole è una priorità assoluta per la vita delle persone bloccate lì. La sospensione di tutte le procedure di asilo durante il Covid – 19, le misure di restrizione e il blocco ha creato un grosso carico di lavoro per i servizi di asilo e ulteriori ritardi nella gestione delle domande di asilo.

In Grecia, oltre ai campi delle isole greche, vi sono altri centri di accoglienza?

Ci sono quasi 30 siti di accoglienza in tutto il paese, tutti con container - strutture abitative che ospitano la popolazione di rifugiati.

Inoltre, quasi 24.000 richiedenti asilo sono ospitati in appartamenti e edifici nell'ambito di un programma nazionale di alloggi gestito dall'UNHCR. La Caritas Hellas ospita 2.500 rifugiati in appartamenti ad Atene e Salonicco. Il programma mira a fornire alloggio alle famiglie e agli individui vulnerabili e l'UNHCR è partner delle ONG e dei comuni che gestiscono il programma.

A partire da settembre 2020, il programma passerà sotto la gestione del governo e il piano è di aumentare gli spazi fino a 40.000 nel 2021.

Quasi 6.000 persone sono ospitate in hotel a carico dell’OIM.

Quali sono i tempi medi della loro permanenza in Grecia visto che per i migranti la Grecia è solo la prima tappa per l’Europa?

Non è facile dare una risposta: potrebbero passare dai 2 ai 4 anni. Ci sono stati casi in cui i rifugiati hanno deciso di vivere in Grecia. Forse perché col passare del tempo, se una famiglia è ospitata in una città, i bambini vanno a scuola e la vita diventa più tranquilla. Le persone fanno amicizia, trovano la loro strada nella vita e decidono di rimanere finalmente in Grecia ... si sono abituati alla vita qui.

Altri sostengono che aspettano solo di ottenere documenti di viaggio e partono per il nord Europa, a volte per trovare familiari o amici che si trovano già lì, o perché sanno che in Grecia le non è così facile trovare lavoro. Credono fermamente che altri paesi europei offriranno loro un futuro più promettente.

Sfortunatamente, la Grecia potrebbe essere un bel paese in cui vivere ... ma non per gli esclusi, non importa se sono stranieri o greci, tossicodipendenti o senzatetto, migranti o rifugiati.

Quante persone si stima abbiano intrapreso la Rotta balcanica per migrare da fine maggio?

E’ difficile fare una stima. Con la fine del lockdown i confini non sono aperti ... almeno non per i migranti e i richiedenti asilo!

Le persone devono attendere la fine di tutti i processi di asilo e se, e quando saranno riconosciuti come rifugiati in Grecia, saranno in grado di ottenere i documenti di viaggio.

Sappiamo comunque che vi sono persone che lasciano o provano a lasciare la Grecia contrabbandando falsi passaporti per altri paesi europei, ma non abbiamo dati ufficiali a riguardo.

 

Per tutti, ma soprattutto per i bambini vivere nei campi delle isole greche è un incubo.

Quali sono le principali difficoltà che devono affrontare?

Per tutti i rifugiati che sono obbligati a rimanere nelle isole, in strutture non umane e dignitose, le condizioni di vita sono molto difficili. Soprattutto per coloro che vivono al di fuori dei siti ufficiali, come le migliaia di persone a Moria, che vivono in tende in un uliveto, aspettando in fila per ottenere acqua per usare un bagno, per ricevere cibo. Per affrontare ogni tipo di condizione, dal caldo al freddo e alla pioggia. Sentirsi insicuri quando cala la notte, cercare modi per proteggere i propri figli dalla violenza o persino dagli abusi sessuali, dalle lotte tra nazionalità diverse, dall'aggressività ... c'è molta paura e frustrazione.

Senza nulla da fare, niente lavoro, niente attività, niente per aiutare a uccidere il tempo di attesa della conclusione delle procedure di asilo. In molte delle nostre visite alle isole, parlando con le persone ascolti molto della loro speranza di poter finalmente ricominciare una nuova vita. E dopo tutta questa lunga rotta dall'Afghanistan, dalla Siria, dalla Somalia, dal Pakistan, le condizioni nei siti delle isole, che "ospitano" tutte queste migliaia di persone, sono una grande delusione e frustrazione. Stanno aspettando mesi, in alcuni casi anche più di un anno per poter finalmente arrivare nella terraferma della Grecia. La prossima sfida è trovare un modo per entrare nella vita reale della Grecia, adattarsi, comprendere, sentirsi al sicuro, diventare indipendenti e autonomi.

Qual è l’impegno delle Caritas e delle Chiese locali per questi migranti?

Innanzitutto, ricordiamo che la migrazione non è una novità per la Grecia. Ormai riceviamo migranti e rifugiati da molti decenni. La Caritas Hellas lavora con i rifugiati dagli anni '80 con programmi per sostenerli nelle necessità e nell'integrazione di base.

D'altra parte sappiamo anche cosa significa migrare e diventare rifugiato, fa parte della nostra storia e memoria collettiva.

Ovviamente, ciò a cui tutti abbiamo assistito nel 2015 è stato qualcosa come mai in passato ... Centinaia di barche, migliaia di persone in tutte le coste delle isole greche, famiglie, bambini, anziani, persone sole, bambini soli ... è stata una situazione devastante e, grazie a Dio, abbiamo fatto del nostro meglio per rispondere nel miglior modo possibile. Le autorità, i comuni, le Ong, l'UNHCR e, soprattutto, la popolazione greca, i volontari, le persone semplici letteralmente TUTTI erano lì che offrivano tempo, devozione, cibo, coperte, alloggio ... qualunque cosa avessero ...

La Chiesa cattolica in Grecia e la Caritas Hellas, dall'inizio di questa crisi dei rifugiati, hanno preso un forte impegno nell'unire le forze per sostenere le migliaia di rifugiati che sono arrivati in Grecia a varie ondate. Nonostante le dimensioni ridotte, le limitate capacità e risorse finanziarie a quel tempo, la Caritas è stata attiva dal primo giorno al fianco dei rifugiati grazie al supporto della rete Caritas di tutto il mondo.

Naturalmente, la chiusura delle frontiere europee ha creato una nuova situazione in cui la Grecia, dovrebbe affrontare la situazione da sola. E alcune cose non possono essere risolte semplicemente dando fondi!

Condividere responsabilità e solidarietà è ciò che abbiamo firmato per l'Europa ... ma forse no!

Enrico Vendrame

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