Giuseppe non è mai andato via

Il 2 giugno di due anni fa Giuseppe Gagliano si è congedato dalle cose visibili. Accanto a lui nel momento del passaggio c’era la moglie Tiziana. Loro due soli, un fatto inusuale, perché nella camera dell’hospice Antica Fonte di Vittorio Veneto nell’ultimo tempo della malattia intorno a lui c’erano sempre tanti familiari e amici. «Durante gli ultimi momenti ho pregato con lui e per lui e quando è spirato ho sentito davvero la presenza di Dio - racconta Tiziana -. Da quel momento la morte non mi ha più fatto paura».

Quel passaggio dalla vita alla Vita Giuseppe e Tiziana lo avevano preparato per tempo. Nel breve periodo del fidanzamento, nei 24 anni di matrimonio, allietato dalla nascita di tre figlie, e soprattutto negli ultimi due anni e mezzo di malattia: un cancro al cervello che si manifestò violentemente un sabato sera, mentre Giuseppe, che era diacono, stava curando l’animazione liturgica della messa della vigilia nella sua parrocchia, Pieve di Soligo.

«Fin dal tempo del fidanzamento e del matrimonio, celebrato nel 1991, io e Giuseppe abbiamo condiviso un percorso di progressiva apertura dell’anima dell’uno all’altro - racconta Tiziana -. Di età differenti, lui del 1961 ed io del 1972, eravamo molto diversi: lui esuberante, generoso, con una gran voglia di vivere e sperimentare nuove esperienze, io più rigida, razionale e metodica. Ma sempre, sempre abbiamo dedicato tempo alla comunicazione. Poi è giunta come un fulmine la malattia che da un lato ci ha sconvolto e dall’altro ha reso ancora più intenso il nostro legame. Specialmente dopo che l’oncologa ci comunicò con molta delicatezza e umanità che non c’era più nulla da fare, abbiamo iniziato a trascorre tantissimo tempo insieme, a raccontarci molti particolari ed episodi delle nostre esistenze, a fare discernimento di episodi, avvenimenti, errori. Abbiamo davvero aperto le nostre vite e le nostre anime».

Quello della malattia non è stato un tempo privo di dolore e sofferenza: «Giuseppe - sottolinea Tiziana - ha lottato con forza e grinta contro il male. Lo ha affrontato con la convinzione con cui si buttava in ogni esperienza della vita. Ma quando ha capito che non c’era più nulla da fare, ha voluto iniziare un tempo diverso, di preparazione al passaggio. Un posto importante lo ha riservato alla preghiera: abbiamo pregato molto e profondamente insieme».

Fino agli ultimi istanti, quando Tiziana ha pregato anche per il suo sposo.Quel legame così costruito in questa terra non è stato spezzato dalla morte. «Giuseppe non se n’è andato via ma ha vissuto il suo secondo parto, rinascendo a vita nuova - racconta Tiziana -. Io lo sento vicino sempre. Anzi, lo sento parte di me. Me ne accorgo da come è cambiato il mio modo di affrontare la vita: ho “acquisito” un po’ del suo carattere. Ad esempio ho abbandonato la mia razionalità e vivo più alla giornata, come amava fare lui. I suoi occhi gioiosi mi danno coraggio, pace e serenità».

In una lettera scritta prima di un delicato intervento, Giuseppe annotava: «Se dovesse succedere che la mia vita si fermasse, sarò comunque felice di arrivare a stringere la mano a Gesù e ringraziarlo per il bene che mi ha voluto. Non preoccupatevi miei cari, vi vedrò dall’alto e vi aiuterò in tutte le vostre attività, cercherò di aprirvi le strade dell’amore. L’amore grande con la A maiuscola che Dio mi ha donato. Io devo solo ringraziare tutti voi, dal primo all’ultimo, per tutte le cose belle che ho passato e realizzato nella mia vita».

«Giuseppe - conclude Tiziana - è il più bel dono che Dio mi ha fatto. Per alcuni anni è stato “mio” e della mia famiglia, ora andava restituito. Sono certa che vicino a Dio sta compiendo un’opera grande di mediazione a favore di quanti ha conosciuto». Non con segni eclatanti ma con l’apertura di nuove strade dell’amore.

Federico Citron