In seguito alle notizie apparse sui media concernenti l'inquisizione della Procura di Treviso nelle strutture del Centro di Solidarietà a Serravalle di Vittorio Veneto e sul servizio di accoglienza svolto dalla coop Integra, stanno giungendo al presidente del Ceis continui attestati di solidarietà.
Il primo dal parte del vescovo di Belluno Feltre, mons. Giuseppe Andrich, che ha espresso al presidente del Ceis don Gigetto "vicinanza soprattutto agli operatori che seguono e si prendono cura dei Rifugiati, perché un avviso di garanzia procura sofferenza e tristezza, non ostante l'impegno profuso". Anche i sacerdoti bellunesi e feltrini, riuniti giovedì a Col Cumano per l'incontro quaresimale, tramite il Vicario Generale hanno dichiarato solidarietà al Presidente e a tutti i collaboratori del Ceis.
Il vescovo di Vittorio Veneto, mons. Corrado Pizziolo, oltre alla solidarietà esprime un "preciso auspicio: che non si traggano pregiudizialmente e precipitosamente (come spesso accade in questi casi) conclusioni di condanna su situazioni che devono ancora essere oggetto di verifica".
Il telefono e il cellulare di don Gigetto è stato tempestato da messaggi, whatsup, mail con tutte modalità che la rete mette in moto.
Un medico gli ha scritto: "Uno schifo! Vergogna. Ricorda che fine hanno fatto fare a Lui. Il Giusto è sempre scomodo e controcorrente...". Poi per stemperare la situazione ha aggiunto: "... a proposito, evita di lasciare la barca ormeggiata sul Meschio, davanti al parcheggio della Ferrari! Non sta bene, ah! ah! ah!". Al che don Gigetto ha risposto: "Grazie, mi hai dato buon umore".
Molti infatti accennano agli aspetti "comici" legati alla vicenda, che vede indagati coloro che stanno rispondendo a un'emergenza difficile, complicata e senza riferimenti. Il sentire della gente è molto più vero e concreto di quanto si dice.
Quasi tutti segnalano sconcerto e dichiarano che quello che hanno visto è il contrario di quanto pubblicano i media. Si sono dichiarati solidali pure gruppi di volontari e altre associazioni che incaricano il presidente o un collega disponibile a prendere contatto con il presidente del Ceis. Il motivo è spesso detto: "lasciate perdere le chiacchiere, voi state risolvendo il problema dell'accoglienza profughi, gli altri dicano quello che vogliono".