Se nel 2022 il comparto del lavoro domestico ha dato lavoro a quasi 1 milione e 500 mila collaboratori (regolari e non), l’emergenza inflazione ha pesato e non poco, nei primi mesi del 2023, sulle tasche delle famiglie italiane con un aumento medio del costo dei servizi di assistenza forniti dai collaboratori domestici pari a 58 euro che diventano quasi 80 euro nel caso delle badanti. Questo e altri risultati interessanti sono presenti nell’indagine contenuta nel 4° Paper del Rapporto 2023 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, presentato alla Camera dei Deputati da Assindatcolf (Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico), in collaborazione con Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. Dal 2000 a 2022, secondo i dati di contabilità nazionale di fonte Istat, l’occupazione in ambito domestico è aumentata del 30,5%, a fronte di un dato medio del 10,9%. Su 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro sorti in più di 20 anni, 334.000 (il 13,3%) sono stati creati grazie alle famiglie italiane.
Un forte segnale della rilevanza di questo settore sul versante occupazionale, economico e sociale del Paese, che necessita di essere valorizzato maggiormente. A questo si aggiunge la questione del lavoro sommerso. Nelle collaborazioni domestiche si concentra il grosso dell’occupazione dipendente irregolare in Italia, pari al 35,6% del totale; un dato eclatante se si considera che il settore pesa, in termini occupazionali, per il 7,8% sul totale dell’economia. “Restiamo convinti che per sostenere economicamente le famiglie, ma anche per porre un argine al dilagare del lavoro sommerso, occorra modificare la fiscalità introducendo la totale deduzione del costo che i datori sostengono per colf, badanti e baby sitter”, ha dichiarato Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, facendo leva anche su un assegno unico “più sostanzioso” e “la Prestazione universale per la non autosufficienza”. “Contiamo che già nella Legge di Bilancio vi siano indicazioni chiare in questa direzione”, ha concluso.