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LAVORO: apprendisti raddoppiati in tre anni

Lo dice Unis&F società delle associazioni industriali Asssindustria VenetoCentro e Unindustria Pordenone

LAVORO: apprendisti raddoppiati in tre anni

Quasi raddoppiati nel giro di tre anni. Sempre più aziende scelgono di assumere lavoratori in apprendistato, una forma di contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani. Lo confermano anche i dati di UNIS&F, società delle associazioni industriali Asssindustria VenetoCentro e Unindustria Pordenone specializzata nei servizi e nella formazione. In questo senso, la realtà presieduta da Sabrina Carraro si occupa anche dei percorsi formativi obbligatori rivolti proprio agli apprendisti. Dai 628 del 2015, i giovani lavoratori partecipanti a corsi di questo tipo sono saliti a 1185 nel 2018. E il trend appare nettamente confermato anche per l’anno in corso: con 870 apprendisti nel primo semestre, anzi, la proiezione finale sui dodici mesi parte destinata a segnare un ulteriore record di crescita. In totale, nell’ultimo quinquennio gli addetti di questa categoria interessati dalla formazione UNIS&F ammontano a 4.660 unità (per il 2019 il dato si riferisce, appunto, al 31 giugno). Qual è l’identikit dell’apprendista? Maschio, diplomato, ovviamente giovane. Se quest’ultima caratteristica è pressoché scontata, dato che, per stessa definizione normativa, l’apprendistato professionalizzante è rivolto a persone da 18 a 29 anni compresi (o fin dai 17 anni di età se in possesso di una qualifica professionale), spicca il fatto che poco meno di tre quarti di questi contratti riguardino uomini: il 73,2%, per la precisione, a fronte del 26,8% di donne. Percentuali anche superiori alla suddivisione di genere nel mondo del lavoro locale. Riguardo ai titoli di studio, poi, sei su dieci (2.880 pari al 61,8%) sono in possesso di un diploma di scuola superiore o di una qualifica di istituto professionale, mentre il 20,1% dispone della licenza media e il 18,1% ha conseguito la laurea. La maggioranza (1.541, 56,5%) ha contratti della durata di 36 mesi. Se a questa quota si somma anche l’ulteriore 37,2% degli assunti per 24 o 30 mesi, si raggiunge la quasi totalità del campione considerato. Residuali, infatti, sia i rapporti inferiori ai due anni (3,4%), sia quelli di durata superiore allo standard dei tre anni, possibili a particolari condizioni (2,9%).

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