Caro direttore, scrivo per la prima volta in questa rubrica per condividere alcuni pensieri riguardo ad un aspetto della vita ecclesiale che coinvolge tante persone, e tutti i parroci: la questione dei padri o madrine ai sacramenti.
Il tempo che, come parroco, devo dedicare a questo argomento non è certo perso, ma è sempre più sproporzionato rispetto a questioni più essenziali. Infatti quasi la metà delle persone che chiedono l'idoneità a svolgere questo ruolo si trova nella situazione di non poterlo fare, a norma del diritto canonico, e le chiacchierate che ne seguono sono spesso complesse.
Innanzitutto mi pare che abbiamo smarrito il senso del ruolo dei padrini. Non c'è quasi più traccia, nella coscienza delle persone, che essi sono espressione della comunità ecclesiale che accompagna i genitori nel difficile compito di educare alla fede, e siano invece percepiti esclusivamente come persone che godono della stima dei genitori. E così è opinione consolidata che debbano essere i criteri dei genitori quelli che contano, non quelli della Chiesa.
Questa comune opinione, poi, ha reso ormai prive di significato le norme della Chiesa su chi è idoneo al compito. Tali norme non provocano più una riflessione sulla propria vita, sul valore del sacramento, sulla capacità di accogliere i limiti e le ferite della propria storia personale… ma sono percepite semplicemente come una bigotta ingerenza ecclesiastica sulle scelte delle famiglie. E il prete che cerca di far comprendere il valore che sta a fondamento delle norme è percepito come cattivo e non accogliente… quando invece è l'accondiscendenza che si cerca, non l'accoglienza!
L'introduzione della figura del testimone al momento non mi pare abbia portato benefici. Spesso è rifiutata come "né carne né pesce". Dà spazio certamente alla figura di una persona vicina nella vita e anche nel sacramento, ma non aiuta comprendere il ruolo del padrino, anzi! Crea forse più confusione, perché il profilo del testimone è proprio quello che molta gente ha in mente quando chiede l'idoneità a fare il padrino!
Un po' per provocazione, un po' per convinzione, mi chiedo se oggi la figura del padrino dica davvero qualcosa di buono alla nostra gente. La normativa, mi pare, non esprime più il desiderio della comunità di stare a fianco ai genitori attraverso una persona incaricata ma, al contrario, è percepita come chiusura e vista come un approccio legalistico della Chiesa. Forse siamo noi preti incapaci di trasmetterne il senso… o forse si tratta di una figura che ormai ha smarrito il suo significato, e se così fosse non credo sarebbe un tradimento sopprimerla.
Cester don Paolo