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Montagne, la cura o l’abbandono...

Il tema delle migrazioni visto da Francesca Gallo, musicista e costruttrice di fisarmoniche

Montagne, la cura o l’abbandono...

"Migrazioni. Spinti da quella grande forza…”. Sul tema scelto per l’edizione 2020 del concorso letterario “Raccontiamo la montagna delle Prealpi Bellunesi e Trevigiane” abbiamo chiesto un contributo di riflessione e qualche spunto di ispirazione alla trevigiana Francesca Gallo (nella foto).

La Gallo è un personaggio eclettico, cantante e musicista, da sempre appassionata alla storia ed alle tradizioni, con la sua fedele fisarmonica ha viaggiato fino al Belgio e al Canada per raccogliere storie di emigranti veneti, recuperando da morte certa centinaia di canzoni tradizionali. È oggi titolare di una bottega per la produzione di fisarmoniche “ereditata dal padre”, andando personalmente a scegliere gli alberi per i suoi strumenti. Con il libro “Phisa Harmonikos” nel 2018 ha vinto il Premio Gambrinus-Mazzotti nella sezione “Artigianato e tradizione”. Lo scorso anno ha collaborato con il regista Dimitri Feltrin alla realizzazione del documentario “La voce del Bosco”, che racconta la montagna veneta dopo la tempesta Vaia.

Francesca, le migrazioni sono inevitabili?
«Le migrazioni ci sono sempre state. L’uomo è per sua natura un essere mobile. Ci siamo resi conto anche in questo periodo di “clausura” forzata quanto ci pesi non poterci spostare.
Per capire questo fenomeno dobbiamo considerare che due sono le motivazioni che portano gli uomini ad emigrare: una è la spinta a partire alla ricerca di una vita migliore di quella che si ha, perché il territorio dove si abita non risponde alle nostre esigenze; l’altro fattore è l’attrazione, quando un luogo ci offre quello che noi cerchiamo.
Le migrazioni dalle montagne sono il primo segnale che quei territori non offrono quel che, invece, offrono le città e la pianura.
Ad esempio, nel Veneto non c’è abbastanza consapevolezza che abbiamo una provincia interamente montana, Belluno. E nei suoi confronti, anziché farci carico tutti insieme dei suoi vari aspetti - quello ambientale, ma anche quelli sanitario, scolastico, economico - c’è stata trascuratezza; è stato delegato a chi ci abita di occuparsi di tutto. E questa mancanza di cura del territorio ha portato inevitabilmente al degrado, all’abbandono».

Ciò ha avuto effetti negativi per le persone ed anche per l’ambiente…
«Il fatto di non esserci occupati della montagna ha portato all’emigrazione di tanti suoi abitanti. Così ci ritroviamo che il Veneto è oggi la terza regione d’Italia per numero di emigranti all’estero; ed il Veneto è oggi al terz’ultimo posto per vita delle imprese artigiane.
La stessa cosa è accaduta con i boschi: se non li curiamo e li lasciamo nell’abbandono prima o poi vien giù tutto. Ma dobbiamo stare attenti: la natura poi in qualche modo si salva sempre; siamo noi uomini che non ci salviamo, che ci rimettiamo se non abbiamo cura del nostro ambiente».
Tu hai visitato i luoghi della montagna veneta colpiti dalla tempesta Vaia nel 2018 andando anche ad aiutare concretamente i residenti. Cosa ci insegna quell’evento?
«Che la montagna non va intesa solo come un luogo di divertimento, perché essa è molto di più.
Il fatto che a distanza di un anno e mezzo da Vaia ci siano gli alberi per terra è gravissimo. Certo è stato un disastro immane, ma non si può pensare che paesetti di 3-400 abitanti siano in grado da soli di ripulire un bosco. È la prova che manca una coscienza, che la montagna è abbandonata più di altri territori. La montagna si ritrova con collegamenti e trasporti inadeguati allo sviluppo, con servizi misurati sul numero di abitanti, non pensando a ripopolare luoghi splendidi e di sicuro valore.
Se non si cura un territorio, se non si fa manutenzione prima o poi il territorio muore. E questo accade non perché la gente va via, ma perché non si è fatto in modo che la gente avesse la possibilità di rimanere.
C’è poi un altro fattore che non favorisce la cura della montagna...».

Quale?
«Le seconde case. Se è vero che per esse vengono pagate delle tasse, è anche vero che esse sono utilizzate solo per un mese e mezzo o due, mentre per il resto dell’anno i paesi sono completamente delegati ai residenti. Chi ha una casa in montagna dovrebbe avere anche senso di responsabilità, amando e prendendosi cura del territorio intorno: dallo sfalcio dei prati alla neve da spalare. Le seconde case di fatto chiedono servizi, usufruiscono del territorio ma non gli “restituiscono” nulla in termini umani».

Occorre quindi tornare alla cura del territorio...
«Sì ma non è solo una questione di cura del territorio fisico, perché accade la stessa cosa con la cultura. Dobbiamo tener viva la nostra identità e trasmettere ai giovani la conoscenza di ciò che ci caratterizza. Se noi trasmettiamo loro l’amore per i nostri paesi, per la nostra storia, per le nostre tradizioni, essi non andranno via.
Diversamente, succede che per loro un posto vale l’altro ed ognuno fa le proprie scelte di vita solo in base alla convenienza. Invece occorre che riscopriamo il senso di comunità, che torniamo a fare comunità, perché è importante. Ed anche questa epidemia ci ha dimostrato quanto lo sia».

Franco Pozzebon

IL CONCORSO LETTERARIO SULLE PREALPI BELLUNESI E TREVIGIANE

C'è tempo fino a mercoledì 13 maggio per partecipare al concorso letterario “Raccontiamo la montagna delle Prealpi Bellunesi e Trevigiane”, organizzato da L’Azione insieme a numerose associazioni ed organizzazioni locali, e quest’anno incentrato sul tema “Migrazioni. Spinti da quella grande forza...”.
Per la sezione Racconti (della lunghezza massima di 8 mila battute) sono previste tre sezioni: Bambini (quinta elementare e prima media), Ragazzi (seconda e terza media) e Adulti (dai 15 anni in su). Si può partecipare anche con poesie (con una lunghezza massima di 40 versi) in italiano oppure con poesie in dialetto veneto (corredate dalla traduzione in italiano e da un file audio con l’esatta interpretazione del testo). I racconti e le poesie devono essere ambientati nelle Prealpi Bellunesi e Trevigiane.
Racconti e poesie - che devono essere inediti - vanno inviati entro mercoledì 13 maggio alla mail c.letterario@lazione.it indicando nome, cognome, e-mail, indirizzo e numero telefonico. Per gli studenti vanno indicati anche nome e indirizzo della scuola, classe e nome ed e-mail dell’insegnante. Il regolamento del concorso è disponibile nel sito www.lazione.it.

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