Putin, i russi, l’Europa e la guerra in Ucraina
I cittadini russi sono ben altro dal loro presidente autoritario. Sulle cause forse qualche responsabilità ce l’ha anche l’Europa. Leggendo la storia quali scenari possibili?
Un po’ di storia. Era il 28 giugno del 1919 quando a Versailles i paesi usciti vincitori dalla Prima Guerra mondiale e i loro alleati sottoscrissero un accordo di pace per l'Europa. Un Trattato che di fatto preannunciava la Seconda guerra mondiale e un ulteriore spargimento di sangue. Da questo Trattato la Russia era rimasta defilata stremata dalla guerra e dovendo affrontare le insurrezioni interne della nota rivoluzione d’ottobre (1917-1923).
Le perdite di vite umane furono enormi non solo per la Germania, ma anche per la Russia. La storia ci ricorda come le pesanti indennità di guerra per una cifra fuori dalle possibilità di qualsiasi nazione del tempo comminate alla Germania – e di fatto mai pagate dalla stessa – portarono poi, in pochi anni, a creare i presupposti di un nuovo conflitto.
Ultimo vertice europeo. Lo scorso fine settimana (10-11 marzo) i 26 capi di stato e di governo dell’Unione europea si sono incontrati nello stesso luogo, poco più di un secolo dopo, mentre il conflitto divampa in quella porta orientale dell’Europa che è l’Ucraina. Punto centrale del summit di Versailles è stata la questione di ulteriori sanzioni contro la Russia senza tuttavia arrecare troppi danni all'economia europea. Tradotto: l’Europa non vuole ridurre i suoi standard di vita, pensando un po’ come Mosca che la guerra possa concludersi a breve. C’è chi chiede maggiore pressione sul Cremlino ma c’è anche chi fa notare tra i governanti che ci sono limiti per il sacrificio economico degli Stati membri della Ue e che, in qualche modo, l’isolamento di Mosca possa aspettare. Non è stato quindi trovato un comune accordo sulle sanzioni, la riduzione delle importazioni di gas e petrolio russi avviene così lentamente, mentre crescono i bombardamenti, i civili in fuga e il numero dei morti. Nel frattempo la Russia ha deciso di abbandonare il principale organismo politico continentale (ndr a cui aderivano 47 Stati europei) dopo la risoluzione del 2 marzo che prevede la sospensione della Russia dai diritti di rappresentanza in seno ai vari organi, anche sussidiari, del Consiglio d’Europa.
Questa discrasia tra i valori della pace e della democrazia e gli interessi della finanza e dell’economia è evidente a tutti compreso il popolo ucraino e russo.
Cambia il vento per gli oligarchi. Naturalmente non dobbiamo dimenticare come anche la leadership russa fosse molto a suo agio nella situazione protrattasi sino ad oggi. Putin poteva recarsi nella sua residenza in Spagna, trascorrere le vacanze in Italia, far studiare i suoi figli nel Regno Unito. In cambio di ingenti quantità di denaro sono state concesse cittadinanze estere e privilegi agli oligarchi russi. E oggi, ancora, poca analisi critica viene fatta dalla finanza europea sulla provenienza etica di quel denaro preoccupata piuttosto dal balzo delle materie prime e dalla riduzione del turismo russo nei paesi Ue. Va detto, invece, che il tacito consenso che ha permesso al capitale russo corrotto di incanalare denaro verso l’Occidente è una forma di connivenza che non è sfuggita alla maggior parte dei russi, la cui ricchezza nazionale è stata derubata per più di una generazione.
Chiavi di lettura. Le analisi dell’aggressione russa e dell’invasione dell’Ucraina si concentrano comprensibilmente sul revanscismo sciovinista e sulle velleità di grande potenza all’interno dell’élite russa, apparentemente condivise da quella che sembra essere un’ampia parte della società russa. Si tratta della questione della Russia, ‘materia’ rimasta accantonata in Europa dal 1989 (con la caduta del muro di Berlino e la successiva dissoluzione dell’Unione Sovietica, ndr.) e reputata come area di interesse per attività economiche e finanziarie e non per sviluppare una integrazione politica. Nel pensiero geopolitico russo ha continuato a ricorrere l’idea che la Russia sia stata usurpata dell’Ucraina e che il suo territorio non potesse essere la frontiera orientale della Nato e dell’Unione europea.
Destino comune. L’Ucraina è una nazione europea, e uno stato europeo, ma lo è anche la Russia. E pochi, anche tra di noi, sono pronti a riflettere su questo. Eppure il popolo russo da San Pietroburgo, passando per Mosca ed arrivando a Rostov sul Don si sente europeo tanto quanto il popolo ucraino di Kiev o di Odessa. Questo non significa che la maggioranza del popolo russo condivida l’invasione ordinata da Putin, ma per quanto studiato a scuola e filtrato dai mezzi di comunicazione sembra condividerne le ragioni politiche.
I russi e la guerra. La censura informativa alla guerra imposta da Putin, la chiusura dei negozi occidentali, le code agli sportelli bancari per riscuotere valuta estera, le poche notizie che arrivano dal fronte nelle case dei militari russi ci aiutano a capire che l’apparente silenzio del popolo russo dinanzi agli eventi non equivale al consenso.
Nell’opinione pubblica russa la guerra non viene enfatizzata come negli altri paesi europei. Una persona che è pro-Putin, o che ha votato per Putin alle ultime elezioni, non necessariamente è pro-guerra. Ogni famiglia russa ha almeno un parente ucraino nelle ultime tre generazioni. Il popolo russo quindi non è pronto a fare la guerra in qualche modo contro sé stesso e la sua storia.
Libertà di opinione vigilata. Vale la pena sottolineare che la stessa vita quotidiana in Russia è incompatibile con un’opposizione diffusa al regime e alle élite politiche, essendo occluso ogni spazio per la costruzione della solidarietà che aiuterebbe tale resistenza a crescere e sostenersi efficacemente. Anni di repressione hanno bloccato qualsiasi velleità di esprimere posizioni contrarie a quelle del potere. Ragione per la quale ci possono sembrare concordi e corresponsabili i cittadini russi per la mancanza di azioni visibili contro la guerra in Ucraina. Non è così!
Aggressore comune. Sia per l’Ucraina che per la Russia, la sfida è ora come intraprendere un’azione collettiva contro lo stesso aggressore Putin. Finora, gli ucraini hanno dato una lezione di solidarietà tanto quanto di resistenza. Rimane il problema del nostro riconoscimento condizionato e strumentale dell’europeità di tutti e due i popoli, ma anche di una più equa ripartizione dei proventi delle materie prime sia alla fonte che a destino.
Verso una nuova casa europea? Gli ucraini non sono "supereroi" che combattono per la civiltà contro la barbarie, stanno resistendo con grande dignità e onore per la propria autodeterminazione e libertà contro un aggressore revanscista, uno stato autoritario. Potrebbero perdere, o la loro lotta potrebbe venire sommersa da un conflitto globale. La maggioranza dei russi non è fatta di creduloni passivi né di nostalgici sciovinisti. Il Cremlino non è ancora pronto a fermare la guerra perché in questo momento riconosce le crepe interne alla scelta di riconoscere le repubbliche del Donbass e invadere l’Ucraina.
Come europei forse siamo ancora un po’ “vigliacchi” e divisi su ciò che i valori democratici e di libertà di altri popoli, in termini di cambiamenti nel nostro modo di vivere e di fare finanza, necessariamente comportino anche per noi. E se una gamba della nuova Europa che uscirà da questo conflitto fosse proprio la Russia?
La pace in Europa dipende anche da noi e da quanto siamo disposti a metterci in gioco, non solo dalla resistenza ucraina o da una ‘nuova’ rivoluzione russa che più di qualcuno bisbiglia come soluzione per detronizzare Putin.
Enrico Vendrame
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