Nell'Azione di domenica 28 novembre a pagina 3 pubblichiamo un articolo san Nicolò patrono degli zattieri. Si tratta di una sintesi di uno studio di Flavio De Bin. Ecco il testo integrale.
Una lettura dell’elenco dei Beni ecclesiastici di culto della Diocesi di Vittorio Veneto, ma anche di Diocesi limitrofe, come quella di Treviso, rivela con sorpresa che molti edifici religiosi, da chiese a semplici oratori isolati tra le colline, sono dedicati a San Nicola o San Nicolò. E perché solo in certe zone del territorio dell’alto Veneto si festeggia il 6 dicembre San Nicolò con tanto di celebrazioni e regali per i più piccoli? Addirittura la vigilia non è da meno: i ragazzi costruiscono un lungo serpentone di barattoli legati tra loro col fil di ferro e lo tirano su e giù per le strade facendo un fracasso assordante!
Perché è tanta la venerazione di un Santo così “meridionale”? Infatti San Nicolò o Niccolò è noto anche come san Nicola di Myra, san Nicola dei Lorenesi, san Nicola Magno, san Niccolò e san Nicolò (Patara di Licia, 270 circa – Myra, 6 dicembre 343). La storiografia ci aggiorna che questo santo fu vescovo di Myra in Licia, oggi Demre, venerato dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e da diverse altre confessioni cristiane. Parte delle spoglie del santo sono anche a Venezia Lido.
Ritorniamo ai diversi edifici in onore di san Nicolò. Molti sono distribuiti nella zona del bellunese, a partire dalle zone più alte e sempre lungo il Piave.
Iniziamo a Perarolo di Cadore, dove la prima chiesa dedicata a San Nicolò venne costruita nel 1455 con le pietre scartate per la costruzione del ponte sul Boite, donate alla comunità dal Consiglio del Cadore. Accresciuto durante il ‘500 il commercio con Venezia, Perarolo divenne via via più popoloso e la chiesa fu dapprima ampliata nel 1604 e successivamente rifatta su progetto dell’architetto Domenico Schiavi nel 1757. Nel 1858 venne demolita, su forzatura dei commercianti di legname che volevano realizzare la piazza che mancava al paese e venne ricostruita nel poso attuale su progetto dell’arch. Antonio Caregaro Negrin. Purtroppo il grosso peso della struttura non riuscì ad essere sopportato dal terreno e la navata dovette essere demolita solo 35 anni dopo la sua costruzione e sostituita con l’attuale.
Vicino, a Ospitale di Cadore, c’è la piccola chiesa di San Nicolò, consacrata nel 1226, eretta dalla Comunità d'Ampezzo lungo la celebre strada di Alemagna, per la quale transitavano viaggiatori e merci diretti al nord o verso la pianura sino a Venezia.
A Belluno, però c’è la chiesa più importante dedicata al Santo e sita in Bordo Piave, ma anche quella sita a Caleipo frazione di Belluno, di cui si conserva un documento scritto a fine ‘800 per la ricostruzione causa terremoto: “Questa chiesa / umile ommaggio [sic] / degli antichi caleipesi / al gran santo / Nicolò de Bari / crollava pel immane / terremoto del 29 giugno / 1873 / e riedificata venne / dai non degeneri caleipesi / ridonandola al culto / il dì 30 marzo / 1874 //”
Come non ricordare il paese di San Nicolò del Comelico il cui nome deriva proprio dal culto e dalla chiesa dedicata a questo santo. Poi c’è la chiesa parrocchiale sempre dedicata a San Nicola vescovo a Fusine, la frazione-capoluogo di Val Zoldo.
E ancora a Bribano, comune di Sedico, la chiesetta di San Nicolò, eretta nel 1502 su iniziativa dei fratelli Buzzatti è oggi monumento nazionale, una delle più antiche. Si trova in Piazza San Nicolò, vicino al sottopassaggio subito dopo il ponte al di sopra del fiume Cordevole .
Più giù, sempre lungo il Piave, la parrocchiale di Villa di Villa è dedicata a San Nicolò o Nicola Vescovo, raffigurato in una pala del Frigimelica (1613) assieme a San Tiziano e alla Madonna col Bambino. Nella piccola frazione di Gus sorge da 1442 una “ecclesia Sancti Nicolai de Agusio” e lo stesso santo è raffigurato nella pala assieme a san Francesco di Paola e la Madonna col Bambino (1641).
E sempre la ricerca ci porta poi in trentino a Pozza di Fassa la chiesa di San Nicolò, orientata a est, sorge al limite orientale del paese con orientamento a est lungo il corso del rio San Nicolò.
Ma anche più a nord, nel cuore dell’Alto Adige, c’è la chiesa parrocchiale di S. Nicolò, riconducibile al ‘200, sopra il lago di Valdurna, in Val Sarentino.
Ma dai monti scendiamo verso la pianura e troviamo, solo lungo determinate direzioni, altre chiese, oratori dedicati a San Nicola o Niccolò. E qui il fiume Piave ci guida. Troviamo una chiesa dedicata a San Nicola Vescovo a Sernaglia della Battaglia, ma la prima importante, che si distingue è quella di Nervesa, località che costituiva una tappa obbligata per i convogli provenienti dal Cadore.
“Qui le zattere venivano prese in consegna dagli zattieri locali, prima di ripartire verso la Laguna. San Nicolò era il loro patrono e fra le numerose Chiese e cappelle votive a lui dedicate lungo il corso del Piave, spiccava quella di Nervesa. Essa era situata nell'attuale Piazza San Nicolò (ex Borgo Piave). Inizialmente si trattava di un capitello degli zattieri, poi, nel 1609, divenne oratorio.Nel 1802 fu rifatto dal Comune con l'aggiunta di una torretta e di un orologio. La Grande Guerra, che dilaniò Nervesa, distrusse interamente anche questa chiesetta.L'attuale chiesa di San Nicolò venne ricostruita in altro luogo, rispetto alla prima, subito dopo la Grande Guerra e custodì le salme dei caduti in attesa di essere deposte nell'Ossario. All'internosi può ammirare la stata della Madonnina Blu, patrona dei Ragazzi del '99 (tratto da: “Nervesa Zateri”, Quaderno n. 4 –Per conoscere il Montello, Edizione 1990).
Ecco scoperto che i corsi d’acqua costituivano le strade maestre per il trasporto a lunghe distanze del legname: “i Zattieri ossia i “Menadàs”che iniziarono le fluitazioni dei “legnamina” dalle Montagne Dolomitiche fin dal primo Medioev, lungo l’Adige dal 1181 circa con le zattere dell’“Ars radarollorum”, poi sul Brenta fino a Bassano come è documentato nelle loro Corporazioni di Mestiere nel 1295, e dal 1308 fino alla Laguna di Venezia lungo il fiume Piave.”
E il mestiere di Zattiere o Menadas non era certo facile, ma logorante e pieno di pericoli. Spesso alcuni non ritornavano a casa perché affogati tra i flutti o colpiti dai tronchi che trasportavano. Ecco allora che la devozione a San Nicolò o Nicola, protettore dei naviganti, diviene sempre più forte, si espande tanto da formare delle confraternite, che, oltre all’aspetto religioso, aveva anche il compito di sostenere le famiglie degli zattieri deceduti sul lavoro.
“Eppure, nell'antica chiesetta, il bisogno di religiosità degli zattieri trovava il suo apporto nei momenti di scoramento e di sofferenza. Qui la loro fantasia frammista a profonda fede attribuiva al Santo poteri miracolosi per gli scampati pericoli che l' arte della zararìa spesso comportava.Nei periodi di piena del fiume a causa delle mutate condizioni climatiche, erano frequenti gliincidenti, specialmente in primavera e autunno, stagioni scelte dagli zattieri per la condotta.Le alluvioni si susseguivano e non sempre le difese approntate dalle autorità ottennero il loroscopo.Ma la fiducia nel santo protettore non venne mai meno. Allora esistevano "questi uomini,questo mestiere, quella fede e quel grande fiume navigabile con arte", com'era solennementeaffermato nelle loro mariégole . (tratto da: “Nervesa Zateri”, Quaderno n. 4 –Per conoscere il Montello, Edizione 1990).
“Nel 1492, anno della scoperta dell’America, precisamente la domenica 3 giugno, avvenne la stesura dello Statuto della Scuola (ossia Confraternita o Corporazione) dei zatari di San Nicolò che fissava le regole del navegàr per la Piave. Si riunirono nella chiesa di Borgo Piave (Belluno) dedicata a San Nicolò, loro patrono, tutti gli zattieri già iscritti a tale corporazione; ce n’erano di Belluno e dintorni, ma anche di Segusino e di Maserada; tra i presenti pure Zanicolo de Tomasin e Francesco Locho, entrambi di Carmegn. Tra le varie regole, si stabilì pure che chiunque avesse voluto esercitare l’arte de zatarìa doveva essere iscritto a tale Scuola e che gli abusivi sarebbero stati multati. Lo statuto venne approvato dal Maggior Consiglio di Belluno e infine ratificato dalla Repubblica di Venezia, divenendo quindi un atto ufficiale. Tutti gli atti relativi furono redatti dal notaio Dioneo Tison (da “Il Veses”, Gianni De Vecchi).”
E una volta raggiunto il Porto di Nervesa, dato che le zattere non trasportavano solo legname ma già che c’erano si potevano anche persone e commercializzare anche altre mercanzie, si effettuava lo smistamento “del carico”, mentre il legname proseguiva sino alla laguna di Venezia.
E proprio a Venezia oppure già a Nervesa, gli zattieri dovevano, dopo la consegna del legname, pensare al ritorno a casa.
Gli zattieri di Belluno se ne tornavano a casa a piedi attraverso le Prealpi trevigiane e per il passo di San Boldo, mentre quelli di Codissago preferivano il passaggio per Pradèradego. Quella del San Boldo era la strada più breve, ma i chilometri erano sempre più di cinquanta. Allora parlavano fra loro di stampe, di còpule e dell'ultima brentana che a uno di loro aveva tolto un familiare e a tutti un amico.LUIGI ALPAGO NOVELLO, nel suo “San Boldo”, Feltre, Tip. Panfilo Castaldi- 1950, a pagina 127, così li ricorda:"li nostro Passo fu per lungo tempo frequentatissimo dai nostri caratteristici zattieri. che da Bellunoconducevano le zattere a Falzè di Piave od anche a Nervesa. e di là ritornavano indietro avviandosi per Pieve di Soligo, Follina e Cison. A Tovena, salivano a S. Boldo e qui, rifocillatisi nell'osteria.proseguivano sino al fondo della valle di S. Antonio. arrampicandosi poi sulla vetta del colle di Spin e di lassù, costeggiando i digradanti colli di Trichiana e di Limana. Arrivavano col lungo arpione nella destra e col rotolo di corde sulla spalla sinistra - simboli e strumenti del loro mestiere- a Visome e quindi al loro Borgo natio per ricominciare, magari ancora la mattina dopo, il loro faticoso lavoro. L'avvento della ferrovia bellunese e cadorina pose fine a questo forzato andirivieni dei robusti figli della Piave"...
(nella foto: san Nicolò patrono degli zattieri in un dipinto per San Nicolò dei Mendicoli, Sestiere Dorsoduro (Ve))