SINDACATI: non autosufficienza, le Rsa sono al collasso
Intanto il Governo ha approvato la legge-delega
Sulla non autosufficienza il Governo ascolta i sindacati, la Regione fa finta. Con l’ultimo Consiglio dei Ministri del 10 ottobre è arrivata, al fotofinish, l’approvazione della legge delega “per la promozione della dignità delle persone anziane e per la presa in carico delle persone non autosufficienti”, un tassello fondamentale della nuova sanità “targata” PNRR, che finalmente darà al Paese una cornice di riferimento per la gestione della non autosufficienza nella popolazione anziana, condizione che interessa 3 milioni di persone: 180mila sono in Veneto. Dall’altra parte, le case di riposo stanno vivendo una crisi senza precedenti tra mancanza di personale e costi di gestione aumentati per il caro bollette, crisi che però viene scaricata sulle 30mila famiglie venete che hanno un familiare ospitato in struttura.
«La gestione della non autosufficienza è a una svolta, il tempo stringe sia per provvedimenti di visione che per quelli di emergenza», commentano le segretarie generali dei sindacati veneti dei pensionati Elena Di Gregorio (Spi Cgil), Tina Cupani (Fnp Cisl) e Debora Rocco (Uilp Uil), «abbiamo spinto tantissimo per l’approvazione della legge delega sulla non autosufficienza, ma per mantenere i finanziamenti del PNRR la data di scadenza del percorso legislativo è marzo 2023: vigileremo affinché il nuovo Governo e il nuovo Parlamento non perdano altro tempo, perché non ce n’è».
Sul fronte delle RSA, alla comprensione delle difficoltà che le strutture affrontano da due anni per le conseguenze della pandemia, e da pochi mesi per quelle dei rincari energetici, si affianca per Spi, Fnp e Uilp una certa frustrazione verso la Regione, che in questo delicato periodo non ha saputo o voluto né attuare la riforma delle Ipab, né cogliere le proposte migliorative puntualmente presentate, come l’adozione di impegnative di residenzialità progressive, sia per gravità della non autosufficienza che per capacità economica del paziente ospite, invece di una quota unica come fatto recentemente.
Considerano le segretarie generali: «È assolutamente prioritario ora che la Regione trovi le risorse per sterilizzare l’aumento delle rette nelle case di riposo che, anche con impegnativa, sono comunque elevate», siamo nell’ordine di 1.800 euro mensili, più di quanto prende la metà dei pensionati in Veneto. Ora si corre il rischio che, a fronte del caro energia, vengano aumentate fino a livelli insostenibili per la maggior parte degli anziani e delle loro famiglie. «Ma nello stesso tempo – continuano - la Regione non può più nascondersi dietro al “vogliamo ridisegnare complessivamente i servizi territoriali” o all’“aspettiamo la legge quadro nazionale sulla non autosufficienza” per mettere a terra la riforma delle Ipab: per applicare la legge dello Stato del 2000, in 22 anni ci sono stati 15 progetti di legge regionali, l’ultimo presentato nel 2020 addirittura dal presidente Zaia all’indomani della sua riconferma. Quanto tempo serve ancora?».
La riforma delle Ipab trasformerebbe questi luoghi in Aziende pubbliche di servizi alla persona, le farebbe diventare un anello della sanità territoriale con l’offerta, per esempio, di servizi diurni. «Assistenza domiciliare, semiresidenzialità e residenzialità sono aspetti integrati nella gestione della non autosufficienza», concludono Spi, Fnp e Uilp del Veneto, «se la riforma fosse stata fatta a suo tempo, avremmo da anni un sistema più ampio e integrato nel territorio di servizi per gli anziani non autosufficienti».
(comunicato stampa)
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