TREVISO: cure domiciliari integrate: solo 70 infermieri, uno ogni 12mila residenti
Nell’area Asolana e Treviso Nord un rapporto pari a un infermiere ogni 17.000 abitanti
Redazione Online
08/04/2022

Si fa molto parlare della carenza del personale sanitario, infermieristico in particolare, tanto quanto dello sviluppo della Sanità sul territorio. Due aspetti connessi tra di loro, sebbene una certa retorica guardi all’uno e all’altro separatamente. Cartina al tornasole dell’allarmante situazione è il dato che fa capo al numero di infermieri impiegati nell’assistenza domiciliare integrata (ADI) e nelle cure palliative: ovvero appena 70 infermieri per l’intero territorio trevigiano. A intervenire in merito alla questione è la segretaria generale della FP CGIL di Treviso, Marta Casarin, che, oltre a esprimere seria preoccupazione per il futuro del servizio domiciliare e sull’organizzazione del lavoro del personale dedicato, come un mantra che si ripete da anni denuncia la mancata programmazione socio-sanitaria, che dopo due anni di emergenza ha ormai presentato pienamente e lapidariamente tutte le gravi fragilità del nostro sistema salute.

“L’assistenza domiciliare integrata rappresenta, e dovrebbe rappresentare sempre più, un nodo fondamentale della sanità sul territorio, un servizio pubblico che prende in carico i bisogni dei cittadini evitando per quanto possibile l’ospedalizzazione, con quello che ne comporta in termini di impatto individuale e familiare, nonché di costi economici per l’ULSS, ossia alla fine per la comunità”.

“Se si analizza distretto per distretto emerge una situazione significativamente differenziata in termini di rapporto infermieri-popolazione residente. Un rapporto che pesa molto nell’area di competenza del distretto Sud, dove a intervenire a compensazione del pubblico è l’ADVAR – spiega e sottolinea la segretaria FP CGIL –. Nel complesso a livello provinciale la stima vede un infermiere per l’assistenza domiciliare ogni 12.000 trevigiani, con differenze notevoli tra i distretti, in particolare nell’area asolana e Treviso Nord con un rapporto pari a un infermiere ogni 17.000 abitanti, contraddicendo le indicazioni regionali che vedono lo standard attestarsi sul rapporto 1/6.000. La carenza nelle cure palliative non riguarda esclusivamente il personale infermieristico ma anche quello medico, con all’attivo solo per il distretto di Treviso Sud tre medici e due per quello di Treviso Nord”.

“Dentro il quadro della cronica carenza di personale, questa specificità di servizio non decolla e non decollerà così – continua Marta Casarin –. Per anni, attraverso visionari Piani Socio Sanitari Regionali, ci hanno raccontato una Sanità di eccellenza e futuristica e al contempo dalla Regione al territorio sono state bloccate le assunzioni o centellinate fino a non coprire nemmeno il turnover dei pensionamenti. Inoltre, sono state decurtate le risorse per accrescere le professionalità pubbliche e altre sono state dirottate verso il privato. Tant’è che lo stesso accordo sottoscritto con le Parti Sociali nel 2018 per rendere maggiormente omogeneo il servizio tra i distretti e nel territorio nel suo complesso non ha sortito nulla a livello pratico. Solo la pandemia ha determinato una lieve controtendenza relativamente al piano assunzioni, ma comunque totalmente insufficiente a coprire il fabbisogno di salute”.

“Basta allora con la retorica, la situazione è oltremodo critica – conclude Casarin –, serve innanzitutto consapevolezza, non nascondersi dietro un dito. C’è bisogno di tirare le fila e capire che la Sanità non è fatta di ospedali monumentali bensì di lavoratori e lavoratrici e presidi sul territorio. Si faccia una seria programmazione, con nuove risorse per chi lavora e per attrarre nuovi professionisti oltre provincia”.

(comunicato stampa)