ULSS 2: difetti del sistema immunitario e Covid-19, due studi
A cura del Centro Regionale per le Malattie Rare Immunologiche del Ca' Foncello
È noto che i pazienti immunodepressi, come le persone con immunodeficienze congenite o secondarie, i pazienti trattati con farmaci ad azione immunosoppressiva e i soggetti con malattie oncologiche o oncoematologiche in caso d'infezione da virus respiratori sono a rischio sia per quanto riguarda la morbilità che la mortalità.
Il gruppo di lavoro del Centro per le Malattie Rare Immunologiche e dell’Apparato Respiratorio della Medicina Interna 1 dell'Ospedale Ca' Foncello di Treviso, diretto dal prof. Carlo Agostini, è da sempre coinvolto nella gestione clinica dei pazienti con malattia immunologica. Nelle ultime settimane il team ha avviato una serie di progetti di ricerca finalizzati a valutare l’impatto della pandemia da SARS-Cov-2 in pazienti con difetti del sistema immunitario ed è recente la notizia che i risultati ottenuti dal team sono stati oggetto di due pubblicazioni sulle due più prestigiose riviste immunologiche dell’American Academy of Allergy, Asthma and Immunology Society.
“In un primo studio, “Health-Related Quality of Life in Common Variable Immunodeficiency Italian Patients switched to remote assistance during the COVID19”, pubblicato sulla rivista “The Journal of Allergy and Clinical Immunology: In Practice" – spiega il prof. Agostini - è stato valutato l’impatto della pandemia sulla qualità della vita dei pazienti. E' stata anche descritta la necessità di modificare la consueta gestione ambulatoriale dei pazienti affetti da immunodeficienza. Gli autori descrivono l'esperienza di Treviso e di altri centri italiani che in queste settimane sono stati costretti a riorganizzare la loro attività clinica, avviando servizi ambulatoriali telematici che hanno consentito il management a distanza dei pazienti affetti da malattie del sistema immunitario. È stata anche potenziata la domiciliazione delle terapie, ad esempio suggerendo ai pazienti con deficit anticorpali di passare dalla classica terapia iniettiva intraospedaliera alla terapia sostitutiva a domicilio. Grazie all'uso di immunoglobuline sottocutanee il passaggio è stato ottenuto con successo in quasi tutti i pazienti che hanno potuto continuare le loro terapie senza essere costretti a recarsi in ospedale durante l'infezione”.
Un secondo lavoro è stato pubblicato sull’ancora più prestigiosa rivista “The Journal of Allergy and Clinical Immunology ", riconosciuto organo ufficiale per allergologi immunologi, dermatologi, gastroenterologi e altri medici e ricercatori che si interessano di malattie allergiche e immunologiche che colpiscono vari organi. “Lo studio ancora una volta eseguito in collaborazione con i maggiori centri di immunologia italiani – illustra Agostini - ha affrontato il ruolo delle cellule che producono anticorpi (i linfociti B) nell’andamento clinico dell’infezione da SARS-Cov-2 in pazienti con difetto congenito dei linfociti B. I dati ottenuti permettono di ipotizzare che sulla base del tipo di cellule immunitarie innate e adattive che circolano nei singoli pazienti è possibile spiegare il decorso più o meno aggressivo del quadro clinico.
Questi studi – conclude il professor Agostini– aiutano a fare chiarezza rispetto al tema del rapporto tra malattie del sistema immunitario e COVID, una problematica che ha generato grande preoccupazione nelle persone affette da condizioni congenite o secondarie di immunodeficienza e che sin dai primi giorni della pandemia hanno telefonato e telefonano per chiedere consigli al servizio telefonico organizzato dal Centro”.
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