"Il decreto legge n. 44/2021 è stato accolto troppo frettolosamente come la norma che introduce nel nostro ordinamento l’obbligo di vaccinazione diffusa dei lavoratori, con connesso diritto di licenziamento nel caso di rifiuto". Così si legge in un'analisi del decreto operata dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.
"Invero, i contenuti del citato decreto dicono tutt’altro - si legge ancora -. Innanzitutto, è una norma che ha per destinatario esclusivamente il personale sanitario, restando escluso anche chi lavora nei medesimi locali ma con qualifica e mansioni diverse (ad esempio, il personale addetto alla pulizia). Ciò toglie ogni possibilità di ampliamento della platea dei destinatari della norma, che alcune astruse interpretazioni vorrebbero analogicamente estendere ai settori produttivi del Paese. Vi è poi il tema della punibilità del personale sanitario che inocula il vaccino seguendo tutte le necessarie prescrizioni".
"Il decreto in effetti - spiega la nota - introduce uno scudo penale per i vaccinatori che dimostrino di avere compiuto il proprio dovere professionale con rigore e rispetto delle regole. Ma la stessa protezione non spetta al datore di lavoro dei medesimi dipendenti che scelgano di non vaccinarsi, creando contagio. Così come nessun accenno a un qualsiasi rilievo disciplinare è fatto per quest’ultimi. Siamo, dunque, in presenza di un decreto che dovrebbe dare delle certezze ma che in realtà non ci riesce; che dovrebbe infondere sicurezza agli ammalati ma non lo fa, lasciando ampie sacche di discrezionalità nella scelta; che dovrebbe regolare con determinazione un settore fondamentale in questo particolare periodo storico, ma che non riesce a trovare le giuste misure da adottare".