CHIESA: Il celibato e la missione in Asia e in Europa
In Asia il celibato viene accolto come un dono e una responsabilità
Sono da poco tornato da un viaggio in Vietnam, dove ho visitato diverse diocesi e incontrato vescovi e sacerdoti. Sono ancora confortato dalla loro testimonianza: vi sono seminari e conventi pieni di giovani, come pure le chiese alla domenica; le vocazioni che non mancano, accolgono come una grazia quasi naturale, ovvia, il dono e la responsabilità del celibato.
Il problema di queste vocazioni è che a causa delle difficoltà per la libertà religiosa e per le persecuzioni passate, non sempre i giovani hanno modelli e maestri che possano sostenerli nel cammino. È anche vero che ora come ora, anche in Vietnam si assiste a un calo di vocazioni, causato dalle famiglie con un numero minore di figli, dalla secolarizzazione, il fascino per l’urbanizzazione e il successo mondano. Ma l’entusiasmo con cui i giovani abbracciano la vita consacrata nel sacerdozio e nel monastero è evidente a chiunque.
Ed è anche vero che questi giovani e queste vocazioni sentono il dovere di annunciare il Vangelo non solo nel loro Paese, ma anche all’estero (certo: per quanto il governo lo permetta, dato che non tutti riescono a ricevere il passaporto). Un vescovo del Nord del Paese mi racconta che sempre più i giovani sacerdoti del suo seminario sono pronti a servire la Chiesa anche nei Paesi vicini. Io stesso ho incontrato sacerdoti vietnamiti a Hong Kong, Taiwan, Giappone, e ve ne sono diversi anche in Europa e negli Stati Uniti.
Il punto è che – come ho sempre sperimentato vivendo in Asia a contatto con molte comunità – i cattolici asiatici vedono nella fede un dono che rivoluziona la vita e la rende piena. Per la sovrabbondanza di questo dono si accetta il celibato sacerdotale e la missione anche all’estero.
Sono tornato dall’Asia proprio il giorno dopo la pubblicazione del libro del card. Robert Sarah e di Benedetto XVI sul celibato ecclesiastico, dal titolo (in francese, per ora) “Des profondeurs des nos coeurs (Dal profondo del nostro cuore)”. All’aeroporto di Parigi ne ho preso subito due copie (una da regalare) e l’ho letto avidamente: è una lettura profonda ed esaltante. Vengo a sapere poi che le prossime edizioni non saranno a firma doppia, ma avranno la sola firma del card. Sarah, precisando che vi è inserito “un intervento” di Benedetto XVI, ma il contenuto sarà uguale. In questo senso, questa “correzione” – un po’ formale – non cambia nulla del valore del libro. Il papa emerito svolge una riflessione importante sul legame e sullo sviluppo del sacerdozio dall’Antico al Nuovo Testamento e fa notare che il celibato era richiesto ai sacerdoti fin dai primi tempi apostolici. E questo non come una “legge”, ma come una… convenienza: perché il dono totale del sacerdote si coniugasse con il dono totale del Signore Gesù.
L’intervento del card. Sarah è ancor più appassionato perché mostra con la sua esperienza che la Chiesa cresce e produce vocazioni lì dove i sacerdoti vivono il celibato. Fra l’altro, si citano anche alcune esperienze presentate su AsiaNews.
Rattrista che un così bello e utilissimo libro sia stato investito dal solito fango da parte di coloro che sono divenuti due partiti nella Chiesa: i super-bergogliani e gli anti-bergogliani. I primi, dicendo di voler “difendere Francesco”, soffocano e sparano su qualunque contributo che non si avvicina alla loro agenda banalmente progressista e relativista. Gli altri, volendo “difendere Benedetto”, martellano di continuo i pretesi errori del presente papato, rivendicando la tradizione.
Peccato che in questo modo ci va di mezzo proprio il celibato - visto solo come legge da attuare o da togliere – e la missione. Proprio la missione, ossia il desiderio e la passione perché il mondo possa conoscere Cristo, che dovrebbe essere il motivo per cui viviamo e per cui ci è stato dato il battesimo, è perduta in questo accapigliarsi in modo ideologico e di reciproca scomunica. Forse è tempo di imparare dalle Chiese dell’Asia.
Bernardo Cervellera - Asianews
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