Il Vescovo al funerale di don Lucchetta: “Generoso, vicino alle persone più bisognose” - Gallery
Oggi pomeriggio nella chiesa di Corbanese il vescovo Corrado ha celebrato l'eucaristia di ringraziamento e commiato di don Angelo Lucchetta. Riportiamo l'omelia.
Redazione Online
23/09/2014

In te Domine speravi: non confundar in aeternum.

Con queste parole comincia l'ultimo testamento di Don Angelo, scritto il 30 aprile di quest'anno. Guardando al calendario, mi sono accorto che era da poco finita la visita pastorale nella forania della Vallata, durante la quale d. Angelo mi aveva accompagnato - con una vitalità che non ricordavo da tempo - nelle famiglie e nei vari luoghi della sua parrocchia. In modo particolare mi accompagnava nelle zone più belle e pittoresche manifestando un gusto e una gioia di vivere che continuava a meravigliarmi. Il motivo di questa mia meraviglia era legato al fatto che ormai da almeno tre anni la sua salute era gravemente compromessa. Aveva dovuto più volte farsi ricoverare all'ospedale e passare anche lunghi periodi di convalescenza, alcuni dei quali nella Casa di riposo Immacolata di Lourdes, a Conegliano. Ma anche in quei momenti, di fronte al mio preciso invito a pensare se non fosse più opportuno lasciare la parrocchia, aveva sempre espresso il desiderio convinto di riprovare ogni volta a ripartire, il desiderio di non darsi per vinto.

Io ho accolto questo suo desiderio, non tanto per pura accondiscendenza, ma convinto che egli potesse ancora dare qualcosa, anzi molto di buono suoi parrocchiani.

Ciò che mi colpiva di più era l'affetto che osservavo da parte di tante persone nei suoi confronti. Probabilmente perché coglievano la sua fragilità e nello stesso tempo la sua dedizione. Fragile, ma generoso, vicino alle persone - specialmente alle persone semplici, a quelle bisognose.

Don Angelo - anche vedendo in atto i suoi rapporti con le persone - sapeva infondere, in coloro che incontrava, serenità e speranza. Probabilmente ciò era dovuto al fatto che lui stesso aveva affrontato la prova e superato la tentazione dello scoraggiamento e della perdita della speranza. Scrive nel suo testamento: Spesso la mia fede è stata messa alla prova: momenti belli e altri difficoltosi, forse, ultimamente a causa della mia salute precaria.

Sicuramente anche Don Angelo, non solo in questi ultimi anni, ma lungo tutta la sua vita, dovette essere purificato. E certamente la malattia costituì una purificazione più radicale di tante altre esperienze. Ma proprio questa esperienza di purificazione gli permise una parola più convinta e convincente. Il libro dei Proverbi che abbiamo ascoltato nella prima lettura, dice: Ogni parola di Dio è purificata nel fuoco, egli è scudo per chi in lui si rifugia.

E nel salmo abbiamo ripetuto: Lampada per i miei passi, Signore, è la tua parola.

La parola del Signore, per così dire filtrata attraverso il fuoco dell'esperienza della prova e della precarietà della salute, è diventata per don Angelo lampada che guidava i suoi passi, lampada con cui ha guidato i passi dei fratelli, e, contemporaneamente, scudo sicuro di fronte alla tentazione dello scoraggiamento e della rassegnazione, ma anche di fronte ad ogni altra difficoltà. Lampada e scudo per lui e per tante altre persone raggiunte dalla sua parola e dal suo esempio.

E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Così il Vangelo sintetizza la missione che Gesù affida ai suoi Apostoli. Le guarigioni che i dodici operavano non erano sempre e solo guarigioni fisiche: erano soprattutto guarigioni spirituali. Essi restituivano agli infermi la fiducia e la speranza proprio mediante l’annuncio del Regno di Dio… mediante l’annuncio che Dio si fa vicino alle situazioni di malattia e di sofferenza... si pone accanto a chi soffre liberandolo dalla solitudine e dalla disperazione.

«Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche».

Ripensando alla vita e al ministero di d. Angelo questa frase mi è apparsa molto significativa. Anzitutto per la sua libertà e il suo distacco nei confronti del danaro e delle cose che potevano riempire la sua vita. Anche recentemente egli aveva disposto, dai suoi risparmi, un’offerta assai generosa per il restauro del campanile di Arfanta, comunità parrocchiale piccola, che – come possiamo ben immaginare – non è in grado di disporre di grandi risorse economiche.

Ma più ancora ho colto, almeno per gli anni in cui l'ho conosciuto, una sua grande libertà nei confronti della gestione dei beni della parrocchia. Beninteso non nel senso di indifferenza o di trascuratezza, ma nel senso di dare piena fiducia ai membri del Consiglio Parrocchiale Pastorale per gli Affari Economici nella gestione amministrativa della parrocchia. Non sempre è facile trovare questa fiducia. Io spesso citavo e cito tuttora il caso di Corbanese, quando mi trovo a parlare con sacerdoti e laici per incoraggiare e stimolare questa corresponsabilità nell'amministrazione economica di una parrocchia. Una corresponsabilità che fa parte - come ben sapete - del nostro impegno pastorale di questi anni, proprio perché è manifestazione concreta di quella comunione ecclesiale che siamo chiamati a vivere.

Ringrazio il Signore del dono della fede, del sacerdozio, dei genitori. (…) Ringrazio quanti mi hanno voluto bene e ho incontrato nelle varie parrocchie incominciando da Codognè, fino a Corbanese e Arfanta.

Dopo di Codognè - dove era arrivato nel 1960, appena ordinato prete da mons. Luciani - d. Angelo era stato cappellano a Pianzano (1963-1965) , a Bocca di Strada (1965-1967) e a S. Giustina (1967-1974). Fu poi nominato parroco di Stabie di Lentiai (1974-1976), di Villa di Villa di Mel (1976-1984), di Moriago (1984-1999) e infine di Corbanese e Arfanta fino ad ora.

Nell’ultimo testamento ribadisce: Ringrazio tutte quelle persone che mi hanno voluto bene e mi sono state vicine. E ne ho incontrate moltissime nelle mie varie parrocchie. Ma anche chiedo perdono se involontariamente ho dato dispiaceri.

 

In te Domine speravi: non confundar in aeternum. “In te, o Signore, ho sperato: non sarò confuso in eterno!”.

Queste parole che ho ricordato poco fa e che d. Angelo ha posto all’inizio del suo testamento sono – come ben sapete – le parole conclusive di quell’antico e solenne inno che è il Te Deum. Esse esprimono il cuore della fede e della speranza cristiana. ma anche dell’amore che guida e sorregge la nostra esperienza spirituale: proprio perché abbiamo creduto e accolto l’amore misericordioso e fedele di Dio, noi riponiamo in lui ogni nostra speranza. E questa relazione di amore e di speranza sostiene la nostra fede: Non sarò confuso in eterno!”.

Caro d. Angelo, è questa la preghiera con cui accompagniamo il tuo ultimo viaggio: che tu, senza confusione e disorientamento – purificato da ogni debolezza e peccato - possa incontrare quel Padre in cui hai posto ogni speranza e sia accolto in Paradiso da Gesù, nostra speranza e nostra salvezza.