L'incontro di don Giacomo con sorella morte
Il sacerdote, mancato qualche giorno fa, si era preparato per tempo all'ultimo passo.
Squilla il cellulare. Compare sullo schermo don Giacomo. «Ciao don» «Ciao… Setu drìo far che, po! Te fatu veder? Dai… Varda che te ’spete!». E guai a non presentarsi! Quasi quotidianamente, fino a un mese fa, questo breve dialogo si svolgeva tra me e don Giacomo Da Frè da quando, quattro anni fa, era venuto a svolgere il suo servizio a Tarzo, presso le suore della casa di riposo Villa Bianca.Tantissimi sono i ricordi legati a piccole situazioni o grandi fatti che mi legano a questo sacerdote: le poche righe a disposizione per dire qualcosa di lui adesso che è mancato mi mettono in difficoltà. Chiunque lo abbia accostato in questi anni penso farebbe fatica a raccontare don Giacomo in poche parole.E allora parto proprio dalla fine. L’incontro di don Giacomo con la morte. Anzi con Sorella Morte. La chiamo Sorella non per emulazioni francescane ma perché, più ci ripenso in questi giorni, in effetti mi rendo conto di come don Giacomo abbia vissuto e tessuto in tutta la sua vita un rapporto intenso ma sereno con la morte e si sia pian piano preparato a incontrarla. Proprio lui che (chi lo ha conosciuto lo sa bene) quanto fosse innamorato della vita!Ogni volta che lo accompagnavo in giro per qualche commissione o anche solo semplicemente per portarlo a salutare qualcuno, durante il percorso capitava di passare per qualche luogo dove magari qualcuno dei suoi parrocchiani o conoscenti aveva perso la vita o ricordava i luoghi natali di qualche confratello o persona cara che non c’era più. E spontaneo, dopo aver raccontato brevemente qualche aneddoto, sgorgava un “requiem”.Ultimamente (me lo aveva chiesto anche accompagnandolo in montagna a fine luglio) desiderava passare a “salutare” nei vari cimiteri i suoi confratelli defunti, in particolare i compagni di ordinazione: “Te sa… sen restadi in do…!”.Passando per Sarmede, poi, la tappa fissa era sulla tomba dei suoi cari: papà, mamma, il fratello Bruno… Un fiore e una preghiera e poi la battuta: “Varda qua el me appartamento… Te vegnarà ogni tant a trovarme anca qua!”.So anche quante volte ha accompagnato tante persone a lui affidate alla fine della vita stando loro vicino proprio fino all’ultimo respiro.Anche la sua morte don Giacomo ha voluto viverla e quindi anche condividerla. Per questo si era preparato non solo disponendo per tempo le sue ultime volontà nel testamento. Quando qualche mese fa la malattia aveva cominciato a debilitarlo pesantemente una sera aveva buttato là, tra una battuta e l’altra questa frase “Se te vede che volte l’ocio… stame da vizìn”. Un po’ per sdrammatizzare gli avevo risposto “Sicuro!... ma ti spèteme!”. E lui, sorridendo, aveva concluso “Va ben!”. Mercoledì scorso, nel pomeriggio, sono tornato in camera sua: già non parlava più e respirava a fatica. Quando siamo rimasti soli gli ho detto “Ciao don, son qua”. Mi ha risposto con un cenno della testa e sorriso con gli occhi. Dopo poco se n’è andato, sereno. Mi aveva aspettato.
Andrea Stevanato
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