Sistema politico in fibrillazione ma i problemi gravi restano
L'editoriale del direttore de L'Azione don Giampiero Moret
Matteo Renzi ha colpito con una scarica elettrica il corpo politico che si è messo tutto in agitazione. Alla fine pare che tutti, di buono o mal grado, abbiano accettato l'accordo stilato con Berlusconi. Non è nostro compito valutare a fondo questo piatto ispanico con contorno italiano che ci viene offerto.
È necessariamente un compromesso tra interessi diversi, non tutti orientati al bene comune. In positivo risulta il fatto che finalmente si lavora concretamente per una nuova legge elettorale. In negativo, ricordando tutte le polemiche sul porcellum, il fatto che abbiamo ancora liste bloccate, sia pur corte. I risultati si vedranno quando a suo tempo voteremo con questa legge. E si sa che per quanto si cerchi di trovare l'equilibrio tra la stabilità del governo e la rappresentatività delle forze politiche, l'effetto finale resta sempre in parte imprevedibile: una legge elettorale agisce sempre anche al di là delle intenzioni di chi l'ha pensata.
L'importante è che ora si proceda speditamente e venga tolto questo macigno che ha bloccato finora la via delle riforme e si pensi ai veri problemi che non sono risolvibili attraverso una legge elettorale. Bisogna ad ogni costo pensare ai milioni di italiani che non hanno lavoro e anche a ricreare un clima di convivenza più pacifico e più sicuro.
La questione centrale resta sempre il lavoro, perché è da lì che si ha il necessario per vivere. Ora le notizie che provengono da questo fronte sono sempre dolorose.
I disoccupati in senso stretto al terzo semestre del 2013 erano 2 milioni 840 mila, ma coloro che non cercavano più lavoro perché convinti di non trovarne erano 3 milioni 300 mila, insieme fanno 6 milioni e 150 mila senza lavoro. La Cgil calcola che nel 2013 sono stati 515 mila i lavoratori in cassa integrazione a zero ore, cioè che non hanno lavorato per niente, una buona percentuale di questi non riavrà il proprio posto. Inoltre la forzata assenza dal lavoro di tanti lavoratori che hanno usufruito della cassa integrazione secondo le varie modalità, ha causato in media una perdita di 8 mila euro nella busta paga per ogni singolo lavoratore. La Cisl, da parte sua, calcola che lo scorso anno già al terzo trimestre si erano persi 522 mila posti di lavoro. Una perdita enorme che si aggiunge al milione e più di posti persi in questi anni di crisi. I due principali sindacati hanno già annunciato che l'anno nuovo non porterà miglioramenti. Tenendo conto di questi dati ipotizzano che quest'anno il tasso di disoccupazione potrebbe raggiungere il 14%.
Nella sua foga riformatrice Renzi ha annunciato anche un Jobs Act, un progetto di riforma del lavoro, che dovrebbe contrastare questo inesorabile crollo. Da quel poco che si sa, perché finora ha reso pubblica soltanto una scarsa sintesi, pare che punto centrale sia lo spostamento dalla difesa del posto di lavoro alla difesa del lavoratore. Vuol dire concedere più flessibilità alle imprese nell'assumere e licenziare, in cambio l'operaio che perde il posto di lavoro verrebbe accolto da un sistema di protezione integrale per cui gli è comunque garantito un reddito ed è sostenuto per arricchire le sue qualifiche e cercare altri lavori. Sembra un orientamento più consono alla rivoluzione in atto nell'attività produttiva, ma si impongono due interrogativi: dove trovare i soldi necessari per assicurare un reddito costante a tutti coloro che vogliono lavorare e non trovano? Avremo uno sviluppo sufficiente da poter offrire a chi perde lavoro un nuovo posto in temp
i ragionevoli? Se il progetto di Renzi sarà in grado di rispondere in maniera convincente a questi interrogativi, sarà colui che ci porterà fuori dalla palude in cui siamo impantanati.
A rendere più difficili le soluzioni ai nostri problemi c'è il clima brutto che grava sul Paese. C'è chi specula sulle difficoltà facendo aumentare la tensione e i disagi. Non fa bene al Paese esasperare l'intolleranza verso i molti stranieri che sono ormai parte integrante della nostra società. Sbarrare le porte, cacciarli via tutti, farli marcire in prigione, sono proposte insensate. La campagna scatenata contro il ministro Kyenge solamente perché è di origine congolese e ha un colore diverso della pelle, è razzismo puro. L'Europa non sta funzionando bene, ma proporre semplicemente di uscire sbattendo le porte vuol dire far precipitare il Paese in un baratro. I motivi di malcontento sono tanti ma c'è chi se ne fa carico cercando soluzioni e chi cinicamente lo amplifica sperando di trarne un vantaggio elettorale.
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