Prima di cominciare una precisazione: i device nel linguaggio informatico sono dispositivi elettronici creati con lo scopo di connettere l’utente ai diversi servizi comunicativi (cellulare, pc, tablet…) insomma un qualsiasi apparecchio elettronico che possa darmi l’opportunità di chattare, mandare messaggi, mail o fare telefonate.
Le nostre case ne sono state conquistate e poco abbiamo saputo fare per cogliere anticipatamente le bellezze e le storture di una tecnologia così affascinante e contemporaneamente così invadente. Ora a distanza di anni vediamo gli effetti straordinari di una scienza così avveniristica che ci dà la possibilità di vedere e parlare direttamente con un nostro parente trasferito a Londra o a Shangai semplicemente tenendo in mano un “aggeggio” di un paio di etti. Un misto tra la magia e il mistero!
Questo ha permesso di collegare il mondo, di renderlo alla portata di tutti, far girare meglio le merci e le persone, di far nascere un’economia nuova, di aumentare le conoscenze, di arricchire i bagagli culturali delle persone e di sentire tutti a portata di clic.
Se le novità positive sono sotto gli occhi di tutti, il rovescio della medaglia rimane ancora piuttosto oscuro e ci vogliono occhi ben allenati per vedere quanto è cambiato in negativo il mondo di chi non ha saputo gestire queste novità e ne è rimasto vittima. Non entro oggi in tutta quella grande diatriba che prende il nome di cyberbullismo ma volevo porre l’accento su una serie di condotte che ci sembreranno a volte normali a volte incredibili ma che segnano di fatto l’inizio di un nuovo allarme.
Una recente indagine dell’associazione nazionale sulle dipendenze da tecnologia (Di.Te.) ha evidenziato come le nuove tecnologie investono tutte le dimensioni della vita dei nostri ragazzi fin da piccoli e cambiano le priorità nell’età evolutiva mettendo in discussioni valori e principi necessari al normale sviluppo psico-sociale delle nuove generazioni.
La ricerca ha interessato un campione di 23.166 persone, di età compresa gli 11 e i 26 anni. Mi soffermo in particolare su due dati: il primo segna la quantità di tempo in una giornata in cui i ragazzi stanno in compagnia del loro telefonino e ogni quanto lo guardano, l’altro è quanto stanno aumentando le giustificazioni scolastiche per un uso incontrollato dei device.
Il primo dato dice che:
Costante ad ogni età è, invece, la compulsione con cui si controlla lo schermo dello smartphone, alla ricerca di nuove notifiche: farlo con una frequenza di 10 minuti è l’esigenza di circa il 40% dei ragazzi sotto i 21 anni.
Immaginare che un ragazzino su 3 sia connesso più di 10 ore al giorno ci sembra impossibile perché immaginiamo che per “giorno” si contino le ore diurne escludendo le ore notturne, regno invece “libero” dalla presenza inopportuna degli adulti e quindi terreno fertile per l’uso smodato dei giovanissimi. Già perché un’indagine svolta dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza nel 2017 su tutto il territorio nazionale ha messo in luce che il 62% degli adolescenti rimane sveglio fino a tarda notte per chattare, parlare o giocare con gli amici e partner, a guardare video o serie TV in streaming, e un 15% si sveglia sistematicamente, anche dopo essersi addormentato, per controllare le notifiche sui social network.
E i genitori?
L’altro dato riguarda le assenze da scuola (cosa?) con giustificazione annessa da parte dei genitori (eh?) per rimanere a casa davanti al pc o allo smartphone:
il 18% di averne fatte 30 per la stessa motivazione
e il 20% di aver sfiorato i 100 giorni. Numero, quest'ultimo, che prevede la bocciatura e la perdita dell'anno scolastico.
L’urgenza con la quale questi numeri ci interpellano, credo che non siano da sottovalutare, anche perché la diffusione capillare di questi strumenti prevede che nessuna famiglia sia immune e solo sapendo potremmo riuscire a raddrizzare una situazione così complicata e diffusa.
Genitori, insegnati, educatori, adulti, comunità educante tutta, CORAGGIO!