La luce vera
Oggi Domenica: la riflessione sulla Parola di Dio domenicale.
IV DI QUARESIMA
1Samuele 16, 1b.4.6-7.10-13; Salmo 23; Efesini 5,8-14; Giovanni 9, 1-41
Si dice che il massimo scrittore tedesco Wolfgang Goethe (1749-1832) abbia invocato sul letto di morte: Luce, più luce! come per esprimere la ricerca della verità che aveva accompagnato la sua lunga esistenza. Con toni diversi riscontriamo in molti sapienti e santi manifestazioni simili. Esemplare mi pare l’ultimo sospiro di santa Elisabetta della Trinità (1880-1906): “Vado alla luce, all’amore, alla vita!... La giovane santa francese trasmette quell’esperienza di fede che dà senso e gioia al nostro pellegrinare sulla terra in vista di una completa immersione nella luce divina dell’amore trinitario.
La dettagliata e complessa vicenda del cieco nato scandisce le tappe della ricerca umana. Il punto di partenza è il problema sollevato dai discepoli: Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco? Gesù risponde a loro e a tutti: Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio, smentendo la relazione causa-effetto tra peccati personali e malattie, altrimenti … poveri noi! In ogni caso possiamo manifestare le opere di Dio con l’amore fraterno, come il massimo buon samaritano: Gesù.
Il racconto evangelico si svolge intorno al cieco guarito, che assume il ruolo di protagonista, quasi rubandolo a Gesù. Nello sviluppo dei fatti assistiamo a due procedimenti che si incrociano. Da un lato la progressiva illuminazione dell’ex cieco, che scopre gradualmente: l’uomo che si chiama Gesù; più avanti lo definisce un profeta; e ancora uno che viene da Dio; ed infine Figlio dell’Uomo, culminando nell’atto esplicito di fede: Credo, Signore! Ha incontrato Cristo, luce del mondo. Dall’altro constatiamo la degradante cecità delle autorità: farisei e Giudei, che, con il pretesto di “dar gloria a Dio”, chiudono gli occhi di fronte al fatto compiuto, abusano della legge di Mosè, ricattano i genitori del cieco, insultano e cacciano dalla sinagoga il miracolato. Si ostinano nella loro cecità, pretendendo di vedere.
Frequentando anziani e malati mi pare di cogliere due atteggiamenti. Alcuni sembrano diventare sempre più incupiti dal logorante trascorrere degli anni. Il tempo, dicono, lavora a nostro sfavore. Raramente ringraziano e partecipano alla gioia altrui. Lo sguardo è opaco. Altri si mostrano ancora desiderosi di incontrare persone, di comunicare avvenimenti positivi del passato e di sentirsi utili. Realizzano quel bel versetto del Salmo 90,12: Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore! Guadagnano, così, ogni giorno un passetto in avanti, trasmettendo con gli occhi luminosi la maturità dell’esperienza.
A noi, cristiani sonnacchiosi e indecisi, Paolo grida: Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà. Abbiamo la luce: usiamola!
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