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Non hanno più vino

Le riflessioni sulle letture domenicali

Non hanno più vino

Domenica 17 gennaio - II del tempo ordinario - anno C - seconda settimana del Salterio - colore liturgico verde Is 62, 1-5; Sal 95; 1Cor 12, 4-11; Gv 2, 1-11

Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore n questi giorni, leggendo il brano delle nozze di Cana, non ho potuto non pensare alle tante coppie di sposi con cui ho meditato su questa Parola. Ora le sento qui vicino, al mio fianco. E vorrei che pure loro mi sentissero così. “Non hanno più vino” è Maria ad accorgersene e a segnalare a Gesù una situazione imbarazzante. La festa sta per finire: non si può brindare con l’acqua. L’allegria diventerà vergogna per non aver provveduto prima per il necessario. “Non hanno più vino”: è Maria a farlo sapere con la discrezione e la delicatezza di chi vede il problema, ma non vuole fare strepito, non vuol mettere a disagio, e tuttavia desidera risolvere la difficoltà. “Non hanno più vino”: è in fondo ciò che accade ad ogni coppia e ad ognuno di noi. Prima o poi le nostre risorse, quello che a- I vevamo preparato, quello che era stato messo da parte viene meno e ci ritroviamo con la nostra fragilità, con la nostra penuria, incapaci di venirne fuori da soli, con le nostre esigue forze. Sì, solo Gesù, il Messia atteso, può trasformare la nostra acqua nel vino di una rinnovata fiducia e speranza.

In questo brano di Giovanni vi pervade una sottile ironia e suggerisce una straordinaria presenza simbolica di Gesù nelle nozze umane. Altro che semplice invitato: il vero sposo – insinua Giovanni – è proprio lui: Gesù! È Lui il protagonista della festa, Colui che ne salva le sorti dispensando un vino nuovo, di eccellente qualità. È Lui che vuole che la festa degli uomini continui, che non finisca la gioia di due giovani sposi. Ma il simbolismo nuziale è carico di mille valenze. Vino e banchetto, infatti, sono segno dell’abbondanza promessa per l’era messianica. Quindi Gesù, con il fatto stesso di assicurare la festa ai presenti, inaugura il tempo in cui le attese d’Israele trovano compimento. Seduto al tavolo della nostra festa, cioè presente nel cuore della nostra esperienza di vita, egli viene allo scoperto, si manifesta come il Messia Sposo, che ama l’umanità e la salva. Il cambiamento dell’acqua in vino operato da Gesù ha valore di segno. Un segno che sta ad indicare come Dio prende questa realtà umana che è l’acqua e la trasforma in vino, la trasforma nella sua bellezza di innamorato.

E un matrimonio dove Cristo è vivo, è presente, è ascoltato, è imitato, è pregato, vale molto di più di un qualsiasi matrimonio, come il vino vale molto di più dell’acqua. Il vino buono che arriva sulla tavola di Cana è un segno di questa realtà sacramentale. Senza questa presenza di Cristo non ci sarebbe stata che acqua sulla tavola e gli sposi avrebbero fatto brutta figura: una festa rovinata. Quel che accade oggi a tante coppie di sposi, giovani e non, è un segnale dell’assenza di Cristo, o di una sua presenza estremamente marginale nelle nostre case. In questo chi ci rimette non è Cristo, ma gli sposi e i figli. Le tante coppie che ho preparato al matrimonio possedevano già un amore di qualità ma ero sicuro che poteva diventare migliore, come il vino, con il passare del tempo, anche se l’esperienza dimostra purtroppo che per molte coppie la routine quotidiana lo fa diventare aceto. L’amore non è mai statico: o aumenta o diminuisce. Vorrei dire a tutte le coppie di sposi, giovani e non più giovani: se permettete a Gesù di amare in voi, Lui è capace di purificare, poi di trasfigurare il vostro amore da principianti o da persone ormai vissute, per dargli l’intensità, la generosità e le qualità stesse del Suo amore.

Don Piergiorgio Sanson

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