Grazie a un articolo dell'agenzia Zenit, ricordiamo il cardinale Giacomo Biffi, scomparso in questi giorni, con quanto scriveva in un libro in cui ha cercato di ricostruire l'identikit di Gesù. Andava vestito molto bene, Gesù, «un “look” ben diverso da quello di Giovanni il battezzatore», come i notabili del suo tempo, con una tunica di fattura non ordinaria. Quando rimprovera i farisei e gli scribi, si riferisce piuttosto «alla vanità di allungare quelle nappe indebitamente». Gesù, non solo è vestito bene, ma ha un incedere signorile e autorevole, tanto da guadagnarsi l’appellativo di Maestro, anche da parte di sconosciuti: «Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono» (<em>Gv</em> 13, 13). Nelle sue frequentazioni sociali, Gesù non ha preclusioni: pastori, contadini, braccianti… «se ha una preferenza, è certo per gli umili e gli sventurati […] sa e afferma che non sono i “primi della classe” a essere avvantaggiati». Sopporta bene il ritmo spossante dell’attività di predicatore: «non avevano neanche il tempo di mangiare», scrive l’evangelista Marco più volte; ed era un grande camminatore. Gli indizi ci dicono che doveva essere bello, molto bello e aveva occhi quasi magnetici, capaci di guardare in alto, verso il Padre e di penetrare in profondità il cuore delle persone che incontrava. Dalla descrizione dell’aspetto esteriore, Biffi passa a delineare la psicologia di Gesù: era uno con le idee chiare, aveva una volontà ferro ed era pienamente identificato con la sua missione (fino quasi a non sentire la stanchezza); non trascurava le piccole cose, i dettagli della quotidianità, di cui intesseva poi le sue parabole. Aveva un animo sensibile e al tempo stesso agiva del tutto libero dal giudizio degli altri, anche degli amici («Lungi da me satana!», dirà a Pietro). Era uno che si commuoveva, che piangeva e rideva ed era in sintonia piena con il suo tempo: «lo stile dei suoi discorsi era quello dei testi letterari semitici».