Anche in questi giorni ci ritroviamo immersi in una società che grida, che urla sulle piazze, che esibisce l'onnipotenza dei progetti. A tal proposito don Angelo Casati annota: “Dal modesto osservatorio di una vita come la mia ho visto purtroppo ragazzi andarsene e scomparire nel vuoto, perché la corsa era impari a pareggiare i sogni che gli altri avevano costruito su di loro, era impresa titanica, umanamente impossibile. Impossibile, o quasi, vivere in una società che non accetta, non accoglie e non ama la tua debolezza.... È un inseguirsi sconcertante di maschere. Del Messia è scritto: "Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta" (Is. 42, 2-3). La debolezza, la povera misura di ognuno di noi, la povera misura delle nostre giornate, ha bisogno di silenzi e di accoglienza. “Se vuoi correggere il tuo amico - dice un proverbio africano - prima cammina sette giorni con le sue scarpe”... Se amiamo gli altri non come sono, ma come dovrebbero essere, tocchiamo la maschera ma non il volto. Gesù toccava i volti”.