Domenica 10 febbraio - V del tempo ordinario - anno C - prima settimana del Salterio - colore liturgico verde Is 6, 1-2. 3-8; Sal 137; 1Cor 15, 1- 11; Lc 5, 1-11 Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria
Credo che nessuno dei lettori abbia mai avuto visioni come quella del profeta Isaia descritta nella prima lettura, o abbia fatto un’esperienza sconvolgente come quella di Pietro che dopo aver inutilmente pescato tutta la notte, getta di nuovo le reti su comando di Gesù e prende una quantità enorme di pesce, o sia stato chiamato bruscamente dal Signore come accenna Paolo nella seconda lettura. Ma credo che tutti abbiamo sentito spesso dentro di noi la spinta a compiere qualcosa di buono: aiutare una persona in gravi difficoltà, assumere un impegno utile per gli altri. Qualcuno può aver sentito la chiamata a dare una svolta radicale alla vita avvicinandola di più a Dio o a dedicarsi totalmente a C lui e ai fratelli in una vita consacrata. Chi crede nel Signore sa che la vita è una continua chiamata a seguirlo con maggiore fedeltà. Nei casi di chiamata presentati oggi, la prima reazione è stata di smarrimento e di paura. Isaia esclama “Ahimè! Sono perduto, perché un uomo peccatore io sono”, come dire: è una cosa troppo grande per me misero uomo. Anche Pietro ha una reazione analoga: sconvolto si getta a terra davanti a Gesù e grida: “Allontanati da me perché sono un peccatore”. Ma nell’uno e nell’altro caso, invece di fuggire, i chiamati trovano poi il coraggio di accettare. Isaia esclama: “Se c’è bisogno di qualcuno che annunci la tua parola, eccomi, manda me”.
E Pietro, alla proposta di diventare un altro tipo di pescatore, cioè pescatore di uomini, lascia tutto e segue Gesù. La realizzazione della propria vita dipende da come si risponde alle chiamate, sia che si percepiscano, per chi crede, come chiamate del Signore, sia che si percepiscano come misteriosi impulsi verso il bene. Molte persone sono insoddisfatte, frustrate e perfino disperate, proprio perché non hanno avuto il coraggio di prendere le decisioni giuste nella vita, pur avendo visto abbastanza chiaramente davanti a sé la via da seguire. Spesso anche il credente vive con poca soddisfazione la sua fede, con l’impressione che non gli dia niente, proprio perché non ha fatto i passi che il Signore di volta in volta gli suggeriva.
Perfino chi ha risposto alla chiamata del Signore con una scelta di totale dedizione a lui, se poi non ha la forza di continuare a rispondere alle successive chiamate del Signore, la sua vita si affloscia, diventa ripetitiva a scapito di chi aspetta da lui lo stimolo a vivere in pienezza. La risposta alla chiamata dipende dalla fiducia. Fiducia in Dio, come quella di Pietro che si fida di Gesù e getta la rete andando oltre la sua esperienza di pescatore. Ma è anche una questione di fiducia umana, fiducia nella vita. C’è scarsa fiducia oggi nei rapporti umani. Tante ricerche lo confermano. Siamo diffidenti, rancorosi, paurosi. Si è portati a prestare ascolto più a coloro che promettono difese, chiusure e sicurezze ad oltranza, e meno a chi invece parla di aperture, di guardare oltre i propri confini, a stringere altre mani. Dio ci offre continuamente nuove possibilità. Dobbiamo consegnarci con fiducia alle sue mani, sono le mani che ci hanno dato l’esistenza e continuano a plasmarla per renderla più bella. Non ci pentiremo mai di aver detto di sì a Dio.
Don Gianpietro Moret