Domenica 14 aprile - Le Palme - anno C - seconda settimana del Salterio - colore liturgico rosso Is 50, 4-7; Sal 21; Fil 2, 6-11; Lc 22, 14-23, 56 Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Gesù è arrivato alla sua ultima tappa, Gerusalemme. È la tappa finale, prevista, annunciata, temuta. Qui si sarebbe compiuto l’evento decisivo. Non è arrivato per conquistare la città santa, non è stata una marcia di conquista come è successo e continuamente succede con le marce per conquistare la capitale per poi dominare su tutto il resto. È stato un atto estremo di resa per amore, che è il contrario della conquista per dominare. Non è stato nemmeno un gesto di riparazione, un sacrificio per calmare l’ira di un Dio offeso. È stato, invece, il momento finale di quella insondabile decisione di amore che ha portato Dio non a sdegnarsi, ma ad immedesimarsi con questo mondo pieno di male e di cattiveria. E questa decisione non poteva se non fi- G nire così: con la volontà di eliminare questo intruso. Lui ha accettato questa conseguenza ed è stato proprio questo atto estremo di amore che ha salvato il mondo e ciascuno di noi. Ha riaperto la corrente della vita che ha eliminato la morte. Per questo Gesù ha voluto entrare da trionfatore, anche se poi il suo corteo trionfale si sarebbe cambiato nella via crucis. Subito dopo il ricordo dell’entrata trionfale a Gerusalemme si ascolta, in questa domenica, il racconto della passione. Un contrasto solo apparente, perché il doloroso corteo che è seguito a quello trionfale, è stato l’inizio della “gloria”. Ha generato il corteo trionfale della risurrezione e della ascensione al cielo, da dove aspettiamo che Gesù ritorni ancora trionfante per il compimento finale. Questa entrata festosa e trionfale la volle proprio lui, la programmò dando ordini precisi: “Andate nel villaggio di fronte…”. La volle come segno di ciò che avrebbe significato la sua morte. E quando i farisei incominciarono a insospettirsi per quel trionfo e comandarono a Gesù di far tacere quella gente che gridava “Benedetto colui che viene, il re”, lui rispose: “Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre”. Nessuno avrebbe potuto fermare quella esplosione di vita che allora incominciava, nessuno avrebbe potuto fermare il “Re”, ma solo attraverso il percorso da lui previsto e accettato. Forse i suoi discepoli e tutta la gente che gridava pensava al trionfo ormai definitivo, ignorando quello che lui aveva più volte dichiarato. Gesù aveva piena consapevolezza di quello che sarebbe successo a Gerusalemme e percorse fino in fondo la via che da trionfale sarebbe diventata via crucis. Questo sarebbe stato anche il cammino del Regno. Un cammino tante volte ignorato, come allora, da noi suoi discepoli. Ma la realtà della storia ci porta sempre a dissipare le illusioni. Quello che stiamo vivendo in questi anni non è un momento trionfale. Non nascondiamone la drammaticità continuando a cantare i nostri “osanna” sempre più deboli. Molti guardando con sgomento a ciò che sta accadendo e si domandano se non sia tutto finito per la fede cristiana in questo mondo. I credenti, invece, devono interpretare questi momenti come tentativi del male di riprendersi la rivincita. Accettiamo la realtà, affrontiamo con coraggio e speranza la fatica e la sofferenza, a volte fino alla morte, che essa comporta. Noi crediamo che lui vive e continua a condurci fino al compimento, però dobbiamo seguirlo per i “suoi” percorsi.
Don Gianpietro Moret