Domenica 2 giugno - Ascensione del Signore - anno C - salmi propri - colore liturgico bianco At 1, 1-11; Sal 46; Eb 9, 24-28; 10, 19-23; Lc 24, 46-53 Ascende il Signore tra canti di gioia
Gesù sale al cielo con il suo corpo risorto e siede alla destra del Padre. Con queste povere parole umane, che sono lontane dal farci veramente comprendere quello che è successo, Dio ci fa comunque conoscere fatti importanti per la nostra vita. Gesù chiude la sua vicenda terrena: non ha più un rapporto visibile con coloro che credono in lui. Ma prima di lasciarli dà loro delle consegne precise: “Riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e Samaria e fino ai confini della terra”. Così dice la narrazione degli Atti degli Apostoli, espressioni analoghe si trovano nel vangelo. Si crea una situazione nuova: coloro che hanno creduto in Gesù ora non sono più discepoli che lo seguono avendolo davanti agli occhi mentre percorre le vie della Palestina, ora devono seguirlo camminando per le vie del mondo senza vederlo. Sono loro che ora devono G parlare come suoi testimoni. Con l’Ascensione incomincia il tempo della chiesa. Questo tempo tuttavia non parte subito. Gesù dice loro di attendere un altro fatto decisivo: la venuta su di loro dello Spirito Santo. È lui che, in un certo senso, continua Gesù ricordando e attualizzando tutto ciò che Gesù ha detto ai suoi. È lui la forza motrice della missione. In che consiste la missione? La narrazione del vangelo ci dà un segno per la risposta. Dopo che Gesù se ne è andato appaiono due uomini vestiti di bianco che scuotono gli apostoli dicendo loro: “Perché state a guardare il cielo?”. Noi credenti dobbiamo guardare il cielo perché è là il nostro destino. Tuttavia la nostra missione è su questa terra, è “qui ora” che noi siamo chiamati ad essere suoi testimoni. Dobbiamo annunciare che la vita, grazie alla morte e risurrezione di Gesù, può essere cambiata. Si può ora vivere come lui è vissuto in questo mondo. Gesù comanda ai suoi di annunciare a tutti i popoli “la conversione e il perdono dei peccati”. Peccato è rifiuto di “amare Dio con tutto il cuore e amare il prossimo come se stessi”, che è la sintesi di tutto ciò che Gesù ha fatto e detto. Dobbiamo individuare concretamente nella nostra vita personale e nei rapporti sociali ciò che è contro a questo comando. Sta qui il difficile. Il pericolo è guardare solo il cielo, cioè cucirci addosso una vita cristiana troppo leggera che ci esonera dal confrontarci con la vita complessa di questo mondo. Guardiamo pure il cielo, ma per portarlo, il più possibile, qui in terra. “Cielo” è la vita di Dio che è donata a noi; è tutto ciò che dà valore alla nostra povera vita. Solamente con il ritorno di Gesù si realizzerà in maniera completa il “Regno dei cieli”, il congiungimento definitivo tra cielo e terra. Noi dobbiamo attenderlo operando con tutte le forze la conversione, quella personale e quella dei rapporti che ci legano gli uni gli altri e che costituiscono il “mondo”. Possiamo svolgere questo compito solamente con la forza dello Spirito Santo che continua in noi l’opera di Gesù. Mentre si staccava dai suoi disse loro “Tornate a Gerusalemme e attendete lo Spirito Santo”. È quello che dobbiamo fare noi in questa settimana dopo l’Ascensione. È come un’altra “Settimana santa”, nella quale dobbiamo attendere con fede la sua venuta e invocarlo: “Vieni Spirito Santo”.
Don Gianpietro Moret