Domenica 16 giugno - Santissima Trinità - anno C - salmi propri - colore liturgico bianco Pr 8, 22-31; Sal 8; Rm 5, 1-5; Gv 16, 12-15 O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Con la festa di Pentecoste si è concluso il ciclo delle feste che ha avuto come centro Gesù: il natale, la sua morte, risurrezione e ascensione, l’invio dello Spirito Santo. In questa domenica siamo invitati a celebrare il mistero della vita di Dio. Si tira come una conclusione: da questi fatti quale idea di Dio ne ricaviamo? Dio rimane per noi un mistero insondabile, ma una cosa conosciamo con certezza grazie a Gesù: Dio ci ama e ci ama perché lui in se stesso è una vita di amore. Dio è una comunione di amore tra persone diverse. Ci si ama solo tra diversi. Dio è uno ma non un solitario. Nel Primo Testamento si afferma con molta insistenza che Dio è uno solo. Allora il pericolo era di pensare il divino come una moltitudine di esseri superiori più o meno compiacenti con le C nostre debolezze. Per questo la parola di Dio contrasta fortemente questa tendenza: Dio è uno solo, lui ha creato tutto ciò che esiste e ci ha donato l’unica legge di vita. Gesù ribadisce la fede in Dio di Israele, ma ci dice qualcosa di sorprendente riguardo alla vita di Dio: lo chiama Padre suo e si proclama suo figlio, un figlio che si identifica totalmente in lui: “Tutto quello che il Padre possiede è mio”, dice nel brano del vangelo. E in altra parte: “Io e il Padre siamo una sola cosa”. Il Padre a sua volta dichiara che Gesù è “il Figlio suo amato”. Gesù, poi, parla dello Spirito che lui dona a noi perché unisca anche noi al Padre e ci faccia comprendere meglio quello che lui ci ha detto. Così l’unico Dio si chiama con tre nomi che sono tre persone distinte: Padre, Figlio, Spirito Santo. Tre relazioni di amore così intense da fare Uno solo. Noi non comprendiamo come questo avvenga. Al massimo, nella nostra esperienza, possiamo percepire che l’amore tende ad unire. Ma come delle relazioni di amore possano rendere Uno rimanendo Distinti, questo per noi è inconcepibile. Gesù ci ha raccontato queste cose non come una curiosità. Questo modo di concepire Dio cambia le nostre relazioni con lui e anche il nostro modo di vivere tra noi. Dio non è semplicemente uno che ci governa e ci controlla, ma uno che ci vuole un bene tale da darci quello che ha di più caro: il Figlio suo Unigenito, che si è fatto figlio d’uomo per insegnarci a vivere e far diventare anche noi figli amati dal Padre e ci invia lo Santo Spirito che ci sostiene in questo cammino che si concluderà, come speriamo, in Dio: “La speranza poi non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è dato” (seconda Lettura). Ma con questo capiamo anche meglio come dobbiamo relazionarci tra noi: la vita si arricchisce solo nella comunione di amore. Chi rimane chiuso in se stesso, pensando di conservare la sua ricchezza, in realtà si trova con niente. Tuttavia il vero amore non annulla negli altri, ma rafforza la propria diversità e unicità. Siamo fatti ad immagine di Dio perché come lui dobbiamo accoglierci con amore nella diversità. La nostra fede, per essere autentica, deve mantenere una costante relazione con questi tre nomi. Noi non conosciamo Dio, ma abbiamo Gesù: la sua parola e i fatti della sua vita, a lui innanzitutto deve rivolgersi il nostro sguardo e da lui e per mezzo di lui, entrare in comunione con il Padre, sospinti dallo Spirito Santo.
Don Gianpietro Moret