
Dal caro vita alla sanità, dalle case di riposo alla non autosufficienza, dalle pensioni al welfare pubblico. Fra il 17 e il 21 novembre i pensionati di tutta Italia sono in piazza per ribadire le richieste e le necessità della popolazione più anziana e inevitabilmente più fragile del Paese, contro una legge di bilancio ritenuta iniqua e senza visione del futuro.
Anche lo Spi Cgil del Veneto partecipa alla mobilitazione.
I temi al centro della protesta sono molti e più volte ribaditi anche dal sindacato dei pensionati della Cgil regionale. Vediamoli.
Tutela del potere d’acquisto. Negli ultimi anni, in particolare a partire dal 2022, il carovita ha messo in ginocchio moltissimi anziani. In Veneto, come testimonia una recente indagine dello Spi su dati Istat, nel 2024 l’ultra65enne che vive da solo ha dovuto sborsare in media 1.545 euro al mese ovvero 52 euro al giorno. Nel 2025, stimando un’inflazione dell’1,8 per cento, a parità di acquisti l’anziano pagherà circa 25 euro in più al mese anche se, con ogni probabilità, in molti ridurranno le spese, proprio per contenere l’impatto dei rincari sulle entrate. Se invece parliamo di una coppia di ultra65enni la spesa supera i 2 mila e 400 euro, circa 81 euro giornalieri.
Pensioni. Sia per il 2023 che per il 2024 il Governo ha applicato un meccanismo di rivalutazione penalizzante per le pensioni con trattamenti superiori a quattro volte il trattamento minimo. Le perdite per effetto della mancata rivalutazione si trascinano negli anni e non sono più recuperabili. Ricordiamo che in Veneto l’assegno medio è di circa 1.300 euro netti mensili. Ma circa la metà delle pensioni è sotto i mille euro lordi mensili. Restano poi enormi le differenze fra assegni riservati agli uomini e quelli che incassano le donne. In media, infatti, le pensionate venete hanno entrate inferiori del 30% rispetto a quelle dei “colleghi” maschi. Il sindacato chiede dunque certezza della piena rivalutazione degli assegni più volte tagliata per fare cassa, pensioni di garanzia per i più fragili, flessibilità in uscita e un innalzamento delle pensioni per le donne.
Quattordicesima mensilità. Per affrontare il caro-vita da tempo lo Spi chiede un aumento sugli importi della 14esima e l’allargamento della platea dei beneficiari. Nel 2025 in Veneto si stima che la mensilità aggiuntiva - che varia dai 336 e 655 euro a seconda dei requisiti – sia arrivata a circa 300 mila ultra64enni.
TFS. La norma che prevede il pagamento del TFS (Trattamento di Fine Servizio) per i dipendenti pubblici dopo due anni dalla pensione sta creando grandi difficoltà ai diretti interessati, alcuni dei quali denunciano ritardi anche rispetto ai tempi previsti (i due anni, appunto). Ricordiamo che in Veneto i dipendenti pubblici sono circa 220 mila e quasi il 20% si avvicina all’età pensionabile.
Salute. Liste d’attesa eterne, penuria di medici di base e di personale infermieristico, disinvestimenti nel pubblico a favore del privato. Sono queste le principali e drammatiche criticità che riguardano la sanità in Italia e, come denunciato quotidianamente dallo Spi, anche in Veneto, dove cresce il numero di persone (soprattutto anziane) che non si cura: circa l’8% della popolazione. In piazza i pensionati ribadiranno che il diritto alla salute non è un lusso, la sanità e il welfare pubblici devono restare centrali e prioritari.
Case di riposo (centri servizi). Da sempre lo Spi, anche assieme agli altri sindacati dei pensionati, chiede interventi decisi e concreti sulle case di riposo. Costi esorbitanti e carenza di posti letto e di impegnative di residenzialità rappresentano i principali problemi anche in Veneto, unica regione, fra l’altro, a non aver attuato la riforma delle Ipab (Istituti pubblici di assistenza e beneficenza). Nella nostra regione - dove circa 30 mila anziani non autosufficienti sono ospitati nei centri servizi -, secondo un’indagine unitaria di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil le rette variano in media dai 62 euro giornalieri con impegnativa di residenzialità ai 90 euro senza impegnativa. Inoltre, migliaia di anziani sono in lista d’attesa per un posto in casa di riposo.
Non autosufficienza. Viene definita la “pandemia” del nuovo millennio perché, con l’invecchiamento della popolazione, sempre più persone ne vengono colpite. La non autosufficienza, se non gestita in modo idoneo, può avere conseguenze molto pesanti sia sui diretti interessati sia sui loro familiari. Servono politiche e investimenti adeguati (vedi indagine regionale realizzata dallo Spi del Veneto).




