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Bepi de Marzi: “Invento canti e dico della terra...”

“I cori fanno solo scambi, concorsi e qualche commemorazione. Il concerto per il concerto, con motivazioni artistiche, poetiche e musicali è pressoché scomparso”.

Bepi de Marzi: “Invento canti e dico della terra...”

Un panorama mozzafiato che s’affaccia sulle colline di Conegliano, dipinte a Prosecco, non poteva meglio accogliere i partecipanti al convegno “I cori maschili tra sperimentazioni armoniche e vocali e tradizioni narrative” per la presentazione della nuova sede del Coro Conegliano che, con gli Alpini, condivide la vecchia scuola elementare di Collalbrigo. Relatori, oltre a Diego Tomasi che ha fatto gli onori di casa, due stelle della coralità maschile: Marco Maiero e Bepi De Marzi.

Chi non conosce Giuseppe De Marzi, detto Bepi? Nel marzo 2018 il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella lo ha perfino nominato commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica! Nato nel 1935 ad Arzignano nella Valle del Chiampo, fondatore e direttore, tuttora vivace e sempre innovativo, del gruppo corale maschile “I Crodaioli” di Arzignano, deve la sua fama alle più di cento composizioni – parole e musica – di ispirazione popolare, edite da Curci di Milano, prima fra tutte “Signore delle cime”. Maestro d’organo e composizione organistica, ha scelto definitivamente l’insegnamento – ora da tempo è in pensione – nel Conservatorio “Pollini” di Padova diretto da Claudio Scimone, che lo ha voluto come clavicembalista e organista nei prestigiosi Solisti Veneti. A Conegliano è intervenuto come conferenziere esperto di coralità, attività che lo porta a percorrere tutta l’Italia. Nell’occasione gli abbiamo rivolto alcune domande.

Quale futuro prevedi per i cori? «Un disfacimento progressivo perché “si sta cantando per esibizionismo e soprattutto senza un perché”, come ha scritto amaramente Silvio Pedrotti poco prima di andarsene nelle galassie dell’Infinito ».

Hai detto: “Stiamo preparando il funerale ai cori!”. Perché tanto pessimismo, mentre sei un musicista acclamato ovunque? «I cori fanno solo scambi, concorsi e qualche commemorazione. Il concerto per il concerto, con motivazioni artistiche, poetiche e musicali è pressoché scomparso».

Definisci le tue composizioni. Alcuni anni addietro partecipai con un coro ad un concorso di polifonia profana. Portai un “excursus” dal ’500 ai giorni nostri inserendo anche tue composizioni. Per questo la giuria non mi classificò. «Scrivo per raccontare. Non tutti lo accettano o lo capiscono».

Tanti inseriscono le tue canzoni nel repertorio “popolare” o di ispirazione popolare. Che cos’è per te il canto popolare? Ti rifai più al filone romantico o alla concezione gramsciana di creare un nuovo blocco storico di forze sociali tra cui anche quello corale? «Non scrivo canzoni: invento canti. E dico della terra, della gente, della fede. Come diceva Mario Rigoni Stern delle sue narrazioni: “Cerco sempre e solo di fare compagnia a qualcuno. La mia attività finisce ogni sera. E cerco di non dovermi vergognare di ciò che faccio”».

In risposta ai miei auguri per la nomina a commendatore hai scritto: “Finirà anche l’Asac (Associazione per lo Sviluppo delle Attività Corali) nella follia dei dissonatori degli apoetici degli ululanti impressionanti degli spazializzatori senza dignità”. Perché ce l’hai tanto con l’Asac? Non c’è coro, iscritto all’Asac, che non esegua tue composizioni e, se non erro, tempo addietro il tuo nome correva come possibile presidente dell’associazione… «L’Asac dovrebbe insegnare la dignità per i cantori delle diverse età e far capire che o si fa cabaret o si fa musica corale. Ai direttori di coro dovrebbe raccomandare almeno di smetterla di far fare i grotteschi inchini a comando. Poi è tempo di istituire un settore per la musica sacra e, con tanti esperti ottimamente preparati che fanno parte dell’associazione, opporsi e cancellare le banalità generate dal Concilio».

Spesso i tuoi strali sono puntati verso la liturgia, perché? «Perché ha perduto la dignità. Perché nelle chiese hanno chiuso gli organi a canne. Perché hanno buttato via il canto gregoriano. Perché non è più credibile nella fretta che imperversa. Perché ha buttato via centinaia di anni di tradizioni e commozioni».

Hai composto poca musica liturgica, ma molta musica religiosa tra cui i canti per il battesimo, la cresima e il matrimonio con testi del poeta Giovanni Costantini. Nel 1970 padre David Maria Turoldo ti ha chiesto di affiancare il giovane intellettuale e musicista Ismaele Passoni nella composizione musicale di salmi, inni e cantici che aveva realizzato stroficamente per il rinnovamento della liturgia. Come mai queste musiche sono rimaste un repertorio di nicchia? «Perché la poesia e la verità di padre Turoldo disturbano ancora ».

Oltre ai salmi tu sei famoso nel mondo per una preghiera: “Signore delle cime”, canto diffuso nel mondo, tradotto in varie lingue, elaborato anche in versioni sinfoniche perfino in Giappone. Che cos’è per te la preghiera, la fede? «Prego e prego, ma non per chiedere favori: prego e canto e ringrazio il Creatore. Amo la Mamma di Gesù, e quando qualcuno dice di averla vista le chiedo perdono per tutto quello che inventano intorno a Lei».

I tuoi ricordi più belli… E come vorresti essere ricordato? Che mondo ti piacerebbe lasciare? «Ho suonato tanto con I Solisti Veneti, imparando dal maestro Scimone, amico fraterno, la luminosità e la felicità dell’armonia. A Salisburgo ho raccolto una frase del grande Karajan: “Mi chiedono cosa penso del mio mestiere. Rispondo che c’è la buona musica e la musica orrenda, brutta. Ecco: mi rifiuto di proporre la musica brutta. E il mio mestiere diventa facile, ma soprattutto senza rimorsi”. Per il resto, non penso mai al cosiddetto “dopo”».

Quale domanda avresti voluto che ti facessi? «Riposiamoci, amico mio, che ci aspettano giorni difficili». 

Camillo De Biasi

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