“Bombe d’acqua”, non è una novità
Un fenomeno meteorologico frequente in questo periodo. Ce ne parla Andrea Corigliano, meteorologo e divulgatore scientifico.
In questi giorni di maltempo, con frequenti eventi meteorologici intensi, sentiamo spesso nominare sui mass media (sia a carattere locale che a risonanza nazionale) il termine “bomba d’acqua”, riferito in genere a precipitazioni intense che portano a problematiche sul territorio. Abbiamo voluto approfondire la tematica intervistando Andrea Corigliano, meteorologo e divulgatore scientifico, con alle spalle una grande esperienza in didattica e formazione nel settore.
Prof. Corigliano, leggiamo diversi articoli di giornale che parlano di “bombe d’acqua”. Di che cosa si tratta? «Negli ultimi anni, il termine “bomba d’acqua” è stato sempre più spesso utilizzato dal mondo dell’informazione che lo ha sostituito a quello più I tecnico e corretto di “nubifragio”. Il neologismo nasce da una deriva sensazionalistica che ha ormai contagiato i media in generale e la maggior parte dei siti meteo: nel raccontare il tempo, infatti, si tende spesso ad enfatizzare la notizia per impressionare il pubblico. Il caso della “bomba d’acqua” non è comunque il solo: in estate, ad esempio, si sente spesso parlare in modo inappropriato anche di caldo “record” ad ogni ondata di calore portata dall’Anticiclone nord africano e di “temperature percepite” per far sembrare che faccia più caldo rispetto a quanto in realtà non è. Ma informando in questo modo, con titoli ad effetto e peraltro infarciti di parole come “allerta” e “attenzione” il cui uso spetta solo alla Protezione civile, si finisce solo per terrorizzare l’ascoltatore. L’informazione scientifica ha lasciato così il posto a notizie confezionate ad hoc solo per avere visibilità e per creare profitto: ecco la meteorologia commerciale».
Qual è la spiegazione scientifica? «Il “nubifragio” non è altro che una precipitazione molto intensa che nasce da un temporale ben organizzato e che è confinata nel tempo e nello spazio: il fenomeno ha cioè una durata limitata e interessa una zona ristretta di territorio. Per classificarlo come tale, devono cadere al suolo 60 mm di pioggia in un’ora, ma anche 40 mm in mezz’ora oppure 80 mm in un’ora e mezza. Possiamo dire che il “nubifragio” è una delle espressioni più evidenti dell’energia che viene liberata dall’atmosfera: i temporali intensi, che si legano a questo tipo di piogge così abbondanti, nascono infatti come conseguenza tra lo scontro tra aria fredda che si muove verso aree precedentemente occupate da aria calda, a seguito ad esempio di un’ondata di calore. L’aria calda e umida rappresenta in pratica il carburante e l’aria fredda è invece la miccia necessaria affinché questa energia possa essere liberata in tutta fretta: l’atmosfera sceglie sempre la via più breve per alleggerirsi dei... fardelli».
È vero che si tratta di un fenomeno recente o solamente se ne parla di più, ovvero è solo il nome che è nuovo? «I “nubifragi”, oggi chiamati impropriamente con il nome di “bombe d’acqua”, sono sempre esistiti e fanno parte del nostro clima mediterraneo. Si può discutere se siano aumentati o meno rispetto al passato, ma questo è un altro discorso. Questi fenomeni si verificano soprattutto in estate e in autunno, ovvero nel periodo dell’anno in cui il potenziale energetico disponibile dall’atmosfera è più elevato: nella stagione autunnale, in particolare, le aree maggiormente soggette a questo tipo di fenomeni sono quelle costiere perché è dal mare, più caldo della terraferma, che il fenomeno trae la linfa per svilupparsi ».
Esistono delle statistiche per confermare queste tesi? «Non c’è una statistica specifica dei “nubifragi” che hanno colpito l’Italia negli ultimi decenni. Si hanno invece dati che indicano come sia cambiato nei decenni il numero di eventi estremi legati a forti piogge che hanno poi causato situazioni alluvionali: sappiamo, a tal proposito, che nel ventennio 1961-1980 si sono contati in tutto 6 eventi, saliti a 17 nel ventennio 1981-2000; mentre negli ultimi 13 anni, tra il 2001 e il 2013, si sono già verificati 22 eventi estremi, senza aver ancora finito il ventennio. Questo aumento va di pari passo con quello della temperatura che si è registrata anche in Italia dopo il 1980 e che si traduce con una maggior quantità di energia a disposizione da parte dell’atmosfera per generare anche questo tipo di fenomeni».
In conclusione, emerge come l’andamento meteorologico degli ultimi tempi, e anche dell’estate in corso, sia sempre più orientato a fenomeni rilevanti e talora purtroppo rovinosi; tale osservazione deve però mantenere inalterato il rigore scientifico e la correttezza nell’informare le persone e gli utenti, senza lasciare che il sensazionalismo a tutti i costi faccia entrare neologismi di discutibile gusto e assente fondamento scientifico nel comune linguaggio, contribuendo così ad un impoverimento complessivo della cultura della correttezza e della scienza.
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