COVID 19: «Ha molte manifestazioni neurologiche»
Intervista al primario di Neurologia dell'ospedale di Belluno
Le complicanze causate dal Coronavirus riguardano non solo il sistema polmonare, ma anche altri organi e apparati la cui funzionalità, in alcuni casi, può risultare anche seriamente compromessa. Di questo, ma anche di come lavorano i reparti non-Covid in un contesto di pandemia, abbiamo parlato con Franco Ferracci, primario di Neurologia dell’ospedale San Martino di Belluno.
Come ben sappiamo, l’emergenza pandemica ha influito anche sull’attività ordinaria degli ospedali (si veda la sospensione delle prestazioni non urgenti). Come è stato riorganizzato il suo reparto? Ha dovuto “cedere” posti letto e personale per la gestione dell’emergenza Covid? Lei stesso ha dovuto scendere in campo?
«La cosiddetta seconda ondata della pandemia ha costretto a rivedere l’organizzazione di tutto l’ospedale. Proprio per cercare di mantenere attivi alcuni reparti non-Covid, la Neurologia è stata fatta traslocare al 4° piano del blocco chirurgico che prima ospitava le degenze di Otorinolarigoiatria, Oculistica e Gastroenterologia. Abbiamo così liberato spazio per l’Ospedale di comunità, che ha occupato l’intero secondo piano del blocco medico ospitando i pazienti Covid meno gravi. Trasferire un reparto con tutti i servizi è un’attività faticosa che abbiamo già affrontato un’altra volta in questo 2020; per questo sento di dover ringraziare tutto il personale del comparto, infermieristico e tecnico, per lo spirito di servizio che ha saputo dimostrare in tutte queste occasioni. Non abbiamo però ceduto posti letto; anzi, siamo ritornati al numero di degenze che gestivamo nella fase precedente la pandemia. Il lavoro infatti devo dire che non manca».
Anche in tempi di pandemia, però, si deve riuscire a garantire i migliori servizi possibili ai pazienti affetti da malattie non trasmissibili, in particolare per quelli con condizioni acute come ictus, traumi cranici, crisi epilettiche, polineuriti acute, sclerosi multipla, i cui trattamenti sono comunque sempre tempo-dipendenti… Come vengono gestite la fase acuta e quella successiva? Pur con le difficoltà al tempo del Covid?
«In questo c’è una grossa differenza rispetto alla prima fase dello scorso marzo: allora, complice forse il lockdown, tutte le Neurologie italiane registrarono un drastico calo dei ricoveri per infarto o emorragia cerebrale. Nonostante si ipotizzasse che il virus potesse anche favorire gli ictus, tutti si interrogavano su dove fossero i pazienti. Adesso non è così; in quest’ultimo mese e mezzo abbiamo registrato semmai un’impennata del numero di pazienti colpiti da ictus cerebrale. Alcuni sono ricoverati nei reparti Covid e vengono seguiti e curati dai neurologi e dai fisioterapisti che li visitano quotidianamente. Per quanto riguarda tutte le altre, numerose, malattie neurologiche, se necessario vengono ricoverate, oppure viste in ambulatorio. La Regione Veneto ha sospeso solo le prestazioni differibili, ma le visite e gli esami strumentali – come l’elettromiografia – prioritarizzate come “urgenti” o “brevi” vengono normalmente evase. Approfitto di questa domanda per raccomandare agli utenti che vengono in ambulatorio di rispondere con cura alle domande che vengono loro poste su precedenti disturbi respiratori o febbre; in un paio di occasioni, infatti, abbiamo riscontrato positività al Covid in soggetti sintomatici che si erano scordati di dire di aver avuto febbre nei giorni precedenti. Non vogliamo certo che i neurologi, già così pochi, si ammalino! Lo sforzo di salvaguardare la salute di tutti, pazienti e operatori, ci ha portato utilizzare la telemedicina. È vero che non sempre è facile utilizzare le videochiamate tramite pc verso soggetti anziani e malati; ma aiuta in questo caso la telefonata. Abbiamo ottenuto riscontri positivi sia nella gestione dei pazienti epilettici che in alcuni pazienti con sclerosi multipla e malattia di Parkinson. Le acuzie neurologiche necessitano quasi sempre di ricovero. Questo avviene solo quando vi è certezza che il paziente non è portatore del Covid, quindi con la negatività di un tampone antigenico rapido e di uno molecolare che viene avviato contestualmente. Se invece il paziente neurologico è contagioso viene ricoverato in un reparto Covid a carico della Neurologia. Le fasi di dimissione, invece, devo ammettere che sono più difficili. Riguardano soprattutto pazienti con i postumi di un ictus che necessitano di proseguire la riabilitazione o di assistenza in casa di riposo o al proprio domicilio. Organizzare i rientri in fase pandemica è un po’ più difficile e questo comporta un rallentamento del necessario processo di ricambio; ma si può capire».
Il Coronavirus ha delle manifestazioni neurologiche?
«Il Coronavirus ha molte manifestazioni neurologiche, al punto che alcune Neurologie, penso alla Neurologia universitaria di Brescia, si sono sdoppiate creando sezioni interamente dedicate agli effetti del Covid sul sistema nervoso. La lista delle complicanze è lunga: oltre alla già citata tendenza a favorire le trombosi vascolari e quindi gli ictus cerebrali, la famosa perdita di olfatto e gusto è un disturbo neurologico come lo sono le vertigini e la perdita d’udito che il virus può indurre. Vi sono segnalazioni, per fortuna sporadiche, di possibile sviluppo di malattia di Parkinson ed è certo comunque che il virus può esercitare un danno diretto sulle cellule nervose causando spesso degli stati di confusione o alterazione della memoria che vengono definiti “nebbia cognitiva”. Inoltre può indurre cefalea e irritazione delle meningi oltre a complicanze post-infettive sui nervi periferici come la sindrome di Guillain-Barré, una paralisi flaccida acuta il più delle volte curabile».
Martina Reolon (L’Amico del Popolo)
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