FNP CISL: «Senza figli e senza occupazione di donne e giovani il sistema previdenziale salta»
Convegno sull'impatto del calo demografico, l'orizzonte è cupo già nel 2050
Siamo all'inizio della fine della tenuta del sistema previdenziale se non vengono messe ora in atto politiche per la natalità, per l'occupazione delle donne e dei giovani, politiche per una gestione mirata dei flussi migratori e politiche per la crescita. Perché se non si ferma la "tempesta demografica perfetta" in cui siamo ora, già nel 2050 il rapporto tra popolazione non attiva e attiva sarà dell'87%: significa che ci vorranno 100 persone attive economicamente per sostenerne 87 che non possono esserlo, e cioè 22 bambini e adolescenti 0-14 anni e 65 anziani ultra 65enni. Quando l'equilibrio sta nel 50%. È quanto emerge dal convegno "Calo demografico: quali ricadute sul sistema socio previdenziale", organizzato dalla Fnp Veneto nei giorni scorsi, con i contributi tecnici del prof. Gianpietro Dalla Zuanna, ordinario di Demografia all'Università di Padova, e del direttore dell'Inps Veneto Antonio Pone, e con le analisi sindacali dei segretari generali Tina Cupani dei pensionati Cisl del Veneto e Gianfranco Refosco (Cisl Veneto), e della componente della segreteria nazionale Fnp Patrizia Volponi.
«In termini previdenziali il 2050 è "domani": oggi i conti sono in ordine, ma con l'invecchiamento della popolazione si sa non reggeranno se la natalità e l'occupazione restano ai livelli di adesso», commenta Cupani, «discutere di politiche lungimiranti per favorirle dovrebbe essere oggetto di campagna elettorale, invece si parla di donne solo come oggetto di violenza; si parla di migranti nella solita retorica; non si sentono idee per sostenere la crescita del Paese e non si parla nemmeno di giovani. Si parla "ai" giovani strizzando loro l'occhio nelle piattaforme che usano».
Nel convegno si è evidenziato come l'aspettativa di vita in aumento (dai 74,6 anni del 1982 agli 82,1 di oggi), il calo demografico (da 1,6 a quasi 1,2 figli per donna nello stesso lasso di tempo) e lo spostamento in avanti dell'età in cui una donna ha il primo figlio (da 25 anni del 1982 ai 31,3 del 2019) sono fenomeni comuni a tutti i paesi europei da 40 anni, la differenza è nelle misure che sono state adottate per affrontarne le conseguenze. Da noi sempre poche e sempre tardi. Ed è stato evidenziato anche come la natalità aumenti nelle coppie in cui entrambi lavorano e ancor di più se entrambi hanno lavori stabili. «Diamo atto che nelle politiche a favore delle famiglie qualcosa si è mosso, anche con il Family Act», continua la segretaria genera Fnp Veneto, «ma noi siamo convinti che la vera ricetta per la sostenibilità da oggi del sistema sia il lavoro, dignitoso e pagato adeguatamente. E più lavoratori. In Veneto abbiamo un tasso di occupazione buono rispetto alla media nazionale, del 65,7%. Dove gli uomini lavorano per il 73,5%, le donne per il 57,7%. La Cisl Veneto ha calcolato che se anche le donne arrivassero allo stesso tasso di occupazione degli uomini, staremmo parlando già di 200mila lavoratrici in più».
Ma una seconda azione non più rimandabile è una vera e sostenibile riforma del sistema previdenziale: «È cominciato il conto alla rovescia per il funzionamento "a regime" della riforma Fornero, cosa che nessuno vuole e cosa che chiunque arrivi a Palazzo Chigi dopo il 25 settembre deve affrontare», conclude Cupani, «come pensionati proponiamo da tempo un sistema che preveda meccanismi certi di flessibilità in uscita, perché i lavori non sono tutti uguali e non si può rimanere appesi di anno in anno alla legge di Bilancio. Una riforma che sostenga la maternità con un anno di contribuzione per ogni figlio, e che sostenga i giovani, con una pensione di garanzia che compensi l'oggettivo rischio di avere assegni molto bassi: ricordiamoci che chi ha cominciato a lavorare dopo il 1996, con il sistema interamente contributivo, non avrà l'integrazione al minimo».
(comunicato stampa)
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