Attualità
stampa

​I nomi dei luoghi e il fascino delle origini

Intervista a Vittorino Pianca sulla toponomastica, tema del concorso letterario de L’Azione

​I nomi dei luoghi e il fascino delle origini

Da cosa hanno origine i nomi Pizzoc, Orsago o Revine? E Arfanta e Tarzo? Perché un paese, una via o un borgo si chiama proprio in un certo modo? Su questi argomenti, oggetto del concorso letterario 2019 de L’Azione, abbiamo interpellato il professor Vittorino Pianca, originario di Montaner, appassionato cultore di archeologia e fondatore del Gruppo Archeologico Cenedese. Ben presto si è appassionato anche di toponomastica e onomastica, «perché – afferma – tramite queste due scienze si possono fare scoperte archeologiche che sulla storiografia locale hanno la stessa influenza di quelle ottenute dallo studio dei reperti archeologici».
E il professor Pianca, come un torrente in piena, inizia a raccontare i primordi di questa sua passione. I primi incontri con queste forme di sapere sono avvenuti da bambino, quando sua nonna raccontava le storie di una volta e, se i nipoti facevano i birichini, diceva: «Vardé che vien la Mantoàna!». Più tardi capì che “Mantoana”, voleva dire “Mantovana”, cioè maga o strega: in latino la dea “Manto” era la sacerdotessa dell’arte della divinazione, da cui Mantova, la città di Virgilio. Il termine latino deriva a sua volta dal verbo greco “manthèin” che vuol dire, appunto, indovinare.
«Da bimbo – un altro episodio raccontato da Vittorino – mi nascondevo all’apparire di un signore anziano, dall’aspetto severo, e la nonna mi esortava: “No ‘sta vér paura, Nino; l’é bon: l’à sol la fàcia sutùrna”, cioè: “Non avere paura; quel signore è buono: ha solo la faccia saturna”». Col passare degli anni capì che Saturno era la divinità spietata che mangiava i propri figli, come la divinità greca Krònos: quindi faccia “saturna” voleva dire faccia feroce. «Due parole: mantoàna e sutùrno – conclude Pianca –, che avevano valicato indenni i secoli ed erano giunte sino a mia nonna».
Il professor Pianca continua il suo racconto con un altro episodio, quando, giovinetto, in macchina sfrecciava per Fregona ad alta velocità e sentiva il vigile del paese gridargli dietro: «Zenso!». «Cosa vuole dire zenso?» si chiedeva Vittorino e scoprì che significava “omonimo”, perché anche il vigile si chiamava Vittorino. Zenso, infatti, deriva dal latino “gens”, cioè gente: come a dire “sei della mia stessa gente, della mia stessa razza”.
In tempi più recenti si collocano altre sue scoperte, come questa: «A Montaner c’è un borgo – narra Vittorino – che si chiama Val, ma lì non c’è traccia di valle. Perché questo nome, allora? Ad un certo punto mi viene un’intuizione: aggiungo una “d”, Vald. “Wald” in tedesco significa bosco. Il toponimo allora, molto probabilmente, testimonia che lì, in quel borgo, una volta arrivava il bosco».
Estremamente suggestivi, poi, i nomi di alcuni paesi della Pedemontana, che hanno a che fare con l’acqua, mentre la zona è notoriamente priva di risorse idriche per il fenomeno carsico. A Rugolo c’è un borgo che si chiama Fontanelle; mentre Osigo e Sonego derivano da un termine del latino antico “aussa”, che vuol dire “sorgente”: lì, infatti, dove sono ubicati questi paesi, si trova proprio la linea delle risorgive. Il termine Cansiglio – sempre secondo Pianca – probabilmente deriva dal termine preromano “Sil”, che vuol dire “acqua” (da cui anche il fiume “Sile” che passa per Treviso) e dalla negazione germanica “Kein”: Cansiglio allora vorrebbe dire “luogo dove non c’è acqua”. Fregona invece deriverebbe dal veneto antico “Rig” (“scorrere di acqua”) preceduto dal frequentativo “f”: Fregona significherebbe “luogo in cui scorre molta acqua”. A Fregona, infatti, passa il torrente Friga, che ha come affluente il Boite. Quest’ultimo ha lo stesso nome del torrente che passa per Cortina e significa “scorrere impetuoso di acqua”. Sempre la nonna di Vittorino gli diceva, quando andava troppo di corsa: «Te và come un vòite!»: cioè, «Vai veloce come un torrente impetuoso!».
Altri nomi di luoghi nostrani potrebbero derivare – il condizionale è d’obbligo – dagli insediamenti di popolazioni avvenute in epoca romana: Baver (i bavari), Francenigo (i franconi), Carpesica (i carpi)… Le successive invasioni barbariche hanno dato origine a nuovi nomi: i paesi denominati “Farra” derivano da un termine longobardo (da cui anche il tedesco “fahren”, che significa viaggiare) che indicava la tribù longobarda in assetto da viaggio, con carri e masserizie al seguito.
E Conegliano? Sempre secondo Pianca, potrebbe derivare anch’esso dal longobardo: “Koenigsland”, cioè “terra del Re”, vale a dire la terra che Autari (582 d.C.) richiedeva ai Duchi Longobardi di privarsi a suo favore quale condizione per accettare la carica, allora rischiosa, di Re dell’intera nazione longobarda. «La toponomastica non è una scienza esatta», afferma solerte Pianca. Tuttavia, può essere d’aiuto per cogliere le ragioni che hanno spinto i nostri avi a dare quei nomi che noi ancora oggi utilizziamo per indicare i luoghi in cui viviamo: nomi che hanno valicato i secoli e sono giunti sino a noi.
Alessio Magoga

​I nomi dei luoghi e il fascino delle origini
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento