Il giornale del 20 aprile - Edizione digitale
Ritorno all'orto.
Negli ultimi anni si assiste ad un vero e proprio boom degli orti familiari, della coltivazione di ortaggi, fiori, piante da frutto. Non si tratta di una novità. C’è chi l’ha sempre fatto: coltivare da sé i pomodori, l’insalata, le zucchine o i cetrioli, ma anche le fragole o altri frutti come le mele, le pesche, i fichi. Se per alcuni la coltivazione dell’orto è mirata a risparmiare, per la maggior parte non è una necessità bensì la scelta – più o meno consapevole – di uno stile di vita diverso. Nei supermercati gli ortaggi non mancano, ma c’è il dubbio su come siano stati coltivati, trattati. Così si fa strada l’idea di provare con l’autoproduzione, in modo da sapere cosa si mangia ed avere prodotti freschi, sani.
Ma, soprattutto, con l’orto familiare si riscopre il legame con la natura, i suoi ritmi, le fatiche necessarie, i suoi mille segreti, che venivano trasmessi da una generazione all’altra. Il ritorno all’orto, da questo punto di vista, rappresenta un’occasione per recuperare la tradizione e ritrovare ritmi di vita e relazioni più umane. Parallelamente alla riscoperta dell’orto familiare in questi anni si sono sviluppate esperienze pedagogiche incentrate proprio sull’attività diretta di coltivazione delle piante: sono gli orti didattici, soprattutto nelle scuole dell’infanzia e primarie. E nel territorio diocesano sono stati avviati anche alcuni orti urbani, orti sociali, come esperienze di socializzazione e di aiuto alle famiglie che hanno problemi a sbarcare il lunario.
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