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LAVORO: donne, sì a salari migliori, ma non a scapito della salute

Ricerca della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

LAVORO: donne, sì a salari migliori, ma non a scapito della salute

Uno stipendio più alto, ma anche prospettive di crescita professionale flessibilità e, soprattutto, un migliore equilibrio psicofisico. È quanto chiedono al mondo del lavoro le donne italiane, protagoniste nel 2022 di un fenomeno inedito. Secondo le elaborazioni della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Inps, nei primi nove mesi del 2022 sono state assunte 2 milioni 616 mila donne, una cifra record. Ma, allo stesso tempo, oltre 642mila hanno deciso di lasciare volontariamente il proprio impiego (+21,5% rispetto al 2021), perlopiù a tempo indeterminato (54,8%).

La ricerca, effettuata su un campione di 1.000 occupati, dimostra come le donne stiano interpretando, più dei loro colleghi uomini, le trasformazioni in atto nel mondo professionale, portando una visione più dinamica e una cultura più in linea con i cambiamenti epocali che attraversano questa dimensione di vita delle persone. I dati parlano chiaro: le donne sono in media meno soddisfatte del proprio lavoro rispetto agli uomini (25% contro 18,8%). E le cause di questa insoddisfazione sembrerebbero legate più a scarse prospettive di crescita all’interno del contesto lavorativo attuale (il 43,4% le reputa basse o molto basse) che alla retribuzione (elemento meno rilevante).

Oltre a ciò, rileva la scarsa attenzione delle aziende verso quegli elementi di welfare aziendale che possono disegnare un contesto lavorativo più funzionale alle esigenze delle lavoratrici madri: il 49,4% giudica questo aspetto insoddisfacente. Non è tutto. A guidare le ‘Grandi Dimissioni’ femminili, infatti, è anche la ricerca di stimoli nuovi e la voglia di rimettersi in gioco; di cercare un rinnovamento personale prima ancora che professionale. Infatti, a fronte del 36,4% di donne che hanno cambiato lavoro o lo stanno cercando perché non più soddisfatte, vi è un 34,6% che cerca un cambiamento a prescindere). Tra i fattori ritenuti imprescindibili dell’occupazione ricercata, al primo posto spiccano, parimerito, il miglioramento retributivo e quello psicofisico. Emerge, però, un dato interessante: a fronte di una metà di lavoratrici per cui il passaggio a un altro impiego dipende dalla possibilità di un salario migliore, vi è un’altra metà per cui questo aspetto non è così decisivo e che cambierebbe anche a costo di un downgrade retributivo.

La sicurezza del posto di lavoro è una condizione indispensabile per il 27,2% delle intervistate, un valore di poco superiore al 24,1% che, invece, più che all’aspetto contrattuale, guarda ai contenuti del lavoro e alle prospettive di crescita professionale e di carriera. A seguire, per il 22,1% sarebbe fondamentale trovare un impiego vicino casa o che riduca i tempi di spostamento; per il 20,4%, un ambiente di lavoro più ‘accogliente’; una quota simile, infine, mira a una maggiore flessibilità organizzativa. Il report traccia anche un identikit delle donne dimissionarie: si tratta perlopiù di giovani. Il 32% di quelle che hanno lasciato un’occupazione ha meno di 30 anni, quasi la metà (49,2%) tra i 30 e i 50 anni. Oltre un terzo (38,6%) era occupata nel commercio e nelle attività turistiche (38,6%), seguono le attività professionali, scientifiche e tecniche (23,3%). A livello geografico, il Nord Ovest ha contribuito al 34,6% delle dimissioni volontarie e la sola Lombardia ne ha raccolte quasi un quarto (24,2%).

(foto da sito www.consulentidellavoro.it)

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