Papa Francesco e la sua paura del “terrorismo delle chiacchiere”
Incontrando i bambini nella parrocchia Santa Maddalena di Canossa, a Roma, Francesco li ha anche invitati a dosare l’uso degli smartphone perché tolgono al “dialogo concreto”.
Acclamazioni, suono di campane, sventolio incessante di bandiere bianco-gialle della Città del Vaticano. La Borgata Ottavia, periferia nord-ovest di Roma, ha accolto con giubilo ieri, 12 marzo 2017, la visita pastorale di Papa Francesco nella locale parrocchia di Santa Maddalena di Canossa.
Come da prassi, il Santo Padre, prima di celebrare la Messa domenicale, si è soffermato con i fedeli intrattenendosi con alcuni gruppi di loro. Egli ha salutato gli anziani e gli ammalati, i volontari, le suore del quartiere e i catechisti, ringraziando questi ultimi in quanto sono – ha detto – “pilastri nella vita di una parrocchia”.
Francesco ha inoltre confessato alcuni penitenti all’interno della chiesa. Fuori invece, nel campo sportivo parrocchiale, ha incontrato i bambini e i ragazzi che frequentano i corsi del catechismo e ha risposto ad alcune loro domande.
“Gesù aspetta sempre”, ha detto il Papa ai piccoli invitandoli a confidare sempre in Lui. “Ha pazienza. Gesù aspetta sempre”, ha ripetuto. “Noi ci avviciniamo a Gesù, ma scopriamo che Lui si è avvicinato da prima. Era lì ad aspettarci. E aspetta. E ci parla”. Ed ancora: “Lui ti perdona. Sei pentito, e Lui ti perdona. Ma sempre è Gesù che si avvicina per primo”.
Rispondendo poi a chi gli chiedeva se fosse meglio fare il Papa o il prete, Francesco ha risposto: “Tutti e due, quello che Dio vuole”. Ed ha aggiunto: “Quello che il Signore ti dà è bello, perché quando il Signore ti dà un compito da fare, un lavoro, essere pastore di una parrocchia, o di una diocesi o fare il Papa, pastore, lì, ti dà un compito”.
Il Vescovo di Roma ha quindi spiegato ai giovani parrocchiani che compito principale del Papa è “portare amore” e dunque essere una sorta di garante di pace. Di qui l’invito a “fare la pace prima che la giornata finisca”. Sollecitato quindi dall’intervento di un bambino, si è soffermato anche sugli alterchi che animano i litigi: “Beh, le bestemmie, le bestemmie sono più brutte – ha detto -. Le parolacce non sono belle, ma è un po’ di meno, ma non sono belle! Ma le bestemmie: mai una bestemmia! Mai, mai! Le parolacce, è brutto, ma non è tanto grave come una bestemmia”.
Il Pontefice ha anche invitato i bambini a diffidare degli affabulatori che millantano guarigioni o fortune attraverso presunti poteri magici. Ha chiesto ai bambini: “Quando voi sentite che una signore dice: ‘No, io vado dalla strega perché ho un malore [malanno], e lei mi farà tre o quattro cose e mi guarirà’… Questo come si chiama?”. I piccoli hanno risposto “bugia”, e il Papa ha aggiunto: “Bugia. Mentire. Eh sì, si chiama stupidaggine, perché le streghe non hanno alcun potere”.
Dunque più delle “streghe” che “non hanno alcun potere”, Francesco ha detto di aver paura della “malvagità della gente”. Ed ha quindi aggiunto: “Mi spaventa anche quando in una famiglia, in un quartiere, in un posto di lavoro, in una parrocchia, anche in Vaticano, quando ci sono le chiacchiere, questo mi spaventa”.
Del resto le chiacchiere – ha commentato – hanno la capacità di distruggere. “Distruggono una famiglia, distruggono un quartiere, distruggono una parrocchia, distruggono tutto – ha detto -. Ma soprattutto le chiacchiere distruggono il tuo cuore. Perché se il tuo cuore è capace di buttare la bomba, tu sei un terrorista, tu fai il male di nascosto e il tuo cuore diventa corrotto”.
Il Papa ha parlato poi delle tecnologie, a cominciare dalla tv, che ha detto di non gradire. “Hai visto che la tv ti cambia la faccia? – le sue parole rivolgendosi a un bambino – Ti fa un po’… non come sei… No, a me piacciono direttamente, le cose”.
Diffidente, il Santo Padre, anche nei confronti degli smartphone. Sottolinea che sono uno strumento che sì consente di comunicare, ma che toglie molto al dialogo “concreto”. Egli spiega che comunicando con il telefonino si rischia di non ascoltare “quelli che sono vicino a te”, dunque “non dialoghi, sei in comunicazione con altro che forse non è comunicazione vera, non è dialogo: io dico una cosa, tu dici l’altra, ma tutto virtuale”. Ecco allora il suo invito: “Dobbiamo arrivare al dialogo concreto, e lo dico a voi, giovani. E come si incomincia a dialogare? Con l’orecchio. Sbloccare le orecchie. Orecchie aperte per sentire cosa succede”.
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